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Chirurgia peritoneale in una ragazzina, al Policlinico il primo intervento in Italia

Una quattordicenne operata per rimuovere le metastasi di un tumore colon-rettale. Dopo un anno dall’intervento le condizioni sono buone. Si tratta del quinto caso al mondo

L’equipe di Chirurgia Generale d’Urgenza e Oncologica del Policlinico, diretta dalla prof.ssa Roberta Gelmini, insieme a quella di Chirurgia Pediatrica, diretta da dottor Pier Luca Ceccarelli hanno svolto il primo intervento dicito-riduzione chirurgica associata a chemio-ipertermia intraperitoneale (HIPEC) in Italia su una paziente pediatrica. A distanza di un anno la paziente,che oggi ha quindici anni, è Italiana e risiede in un’altra Regione, ha potuto riprendere una vita normale ed è attualmente libera da malattia. 

Sono cinque i casi documentati in letteratura di cito-riduzione chirurgici intraperitoneali svolti su pazienti di età inferiore ai 18 anni per malattia peritoneale da neoplasia del colon. La paziente era giunta a Modena nel 2016, seguita dall’Oncoematologia Pediatrica del Policlinico, diretta dal prof. Lorenzo Iughetti, per intervento di exeresi radicale di un carcinoma del colon destroseguito da cicli di chemioterapia con remissione della patologia.  A distanza di un anno  dall’intervento la paziente ha presentato una  recidiva della neoplasia localizzata ad entrambe le ovaie con estensione anche al peritoneo. 

L’intervento è stato svolto al Blocco Operatorio del 2° piano del Policlinico dall’equipe chirurgica composta da Roberta Gelmini, Pier Luca Ceccarelli, Nicola Cautero, Francesca Cabry e Francesco Serra coadiuvati dall’equipe anestesiologica dell’Anestesia e Rianimazione 1 composta da Elisa Barbieri e Stefano De Julis e da quella infermieristica rappresentata da Mario Di Stefano, Claudia Ghita, Alfredo Marzullo, Enrico Montanari e Valentina Roncaglia 

“La carcinosi peritoneale (PC)– spiega la prof.ssa Roberta Gelmini– colpisce il peritoneo, cioè la membrana che ricopre e racchiude i visceri e gli organi dell’addome. Può essere primitivo oppure, come in questo caso, legato alle metastasi di un altro carcinoma. Il peritoneo è poco sensibile alla chemioterapia in quanto scarsamente irrorato dai vasi sanguigni che trasportano il farmaco. Per questo motivo in molti casi, quindi, la prognosi di questo carcinoma, in assenza di rimozione chirurgica, è davvero infausta.” Il peritoneo è una membrana sottile la cui rimozione è chirurgicamente molto complessa perché essa è collegata agli organi che avvolge. “Una ventina di anni fa è stato sviluppato un trattamento loco-regionale in grado di curare la carcinosi peritoneale qualora possibile, oppure almeno di ridurne l’entità e rallentarne la crescita quando la sua eradicazione completa risulti impossibile, vista la particolarità del sito colpito dalla carcinosi. Questo trattamento si basa sulla combinazione tra due azioni. Si comincia con l’intervento demolitivo che mira a rimuovere il peritoneo e tutta la malattia visibile ad occhio nudo. Terminato l’intervento, sempre in sala operatoria, il paziente viene trattato con la chemio-ipertermia intraperitoneale ad alta temperatura (HIPEC).”. Semplificando, si può dire che l’intervento chirurgico agisce sulla malattia macroscopica, mentre l’HIPEC è utilizzata per il trattamento del residuo microscopico di malattiacon l’intento di trattare il paziente in un’unica procedura. “Non tutti i pazienti affetti da carcinosi peritoneale sono trattabili con citoriduzione ed HIPEC; è una procedura lunga e complessa, non scevra da complicanze intra e post-operatorie (fino al 30%) e gravata da una mortalità peri-operatoria del 3-4%. Per essere sottoposti al trattamento i Pazienti devono quindi essere attentamente valutati da una equipe multidisciplinare (chirurghi, oncologi, radiologi, cardiologi ed anestesisti) che ne attesti l’eleggibilità” ha concluso la prof.ssa Gelmini. La Chirurgia Generale d’Urgenza e Oncologica del Policlinico ha iniziato nel 2017 uno studio dal titolo "P-HIPEC Fattibilità della cito-riduzione associata ad HIPEC nei pazienti con carcinosi peritoneale” che mira a valutare gli effetti di questa metodica sia dal punto di vista terapeutico che da quello delle complicanze.Ad oggi, compreso quello sulla giovane paziente, abbiamo effettuato 30 interventi.

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