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Modena e la cultura: un rapporto difficile

Pur in presenza di molte iniziative, il pubblico cittadino latita. Perché? E' forse tutta colpa delle scelte fatte dall'amministrazione comunale? O invece esiste una sorta di corresponsabilità? Qualche ricorso storico e un po' di riflessioni possono farcelo capire

Quando Cesare d'Este portò, nel 1598, la capitale del Ducato Estense a Modena, si dovette da subito scontrare con una realtà ben diversa da quella che, per secoli, aveva caratterizzato l'amata Ferrara. A parte, infatti, il tentativo del giurista Pillo da Medicina che, sul finir del 1100, cercò di impiantare tra le nostre mura una sorta di succursale dell'Alma Mater di Bologna, nulla di particolarmente eclatante si era sino a quell'epoca imposto nel settore della cultura cittadina. Lo stesso perimetro urbano attraversato da canali maleodoranti e per niente simili a quelli di Venezia, non poteva, né avrebbe potuto avere, anche nei periodi successivi, alcuna attrattiva per i forestieri se il naso di Carlotta d'Orleans giunta da Parigi non avesse costretto nel '700 il marito Francesco III a sotterrare i putridi scorrimenti d'acqua e a procedere con una ristrutturazione complessiva che ha reso il centro storico un bell'esempio architettonico. 

Una pragmatica crescita economica

Per quanto fosse già attivo dal 1626 il collegio San Carlo, di Università a Modena non se ne ebbe, inoltre, a parlare sino al 1772, allorché l'intraprendente duca decise  di fondarne un primo nucleo pubblico, forse in onore del compianto precettore Ludovico Antonio Muratori. Da allora il capoluogo si è progressivamente distinto tra i diversi comuni italiani per le innegabili doti di laboriosità che l'hanno portato ad essere uno dei poli produttivi più ricchi ed importanti. 

Fondamentali limiti all'ulteriore sviluppo

Nonostante, comunque, i grandi risultati, è anche altrettanto vero come la scarsa tradizione intellettuale si sia rivelata nel corso del tempo un limite per l'ulteriore sviluppo di ogni settore della vita civile. Assieme all'operosa attività di centinaia di piccole aziende, non è mai purtroppo cresciuto, aldilà di una decina di casi, un tessuto di grandi industrie; a fianco delle facoltà universitarie legate a materie molto pratiche non si è in alcun modo affermata la presenza delle discipline umanistiche, oggi di nuova istituzione; la spesa degli abitanti per l'apprendimento è sicuramente inferiore a quella per altri beni in particolare gastronomici.

Gran gourmet per palati intransigenti

Crescono come funghi ristoranti, bar e pizzerie; sfioriscono le attività culturali a meno che non prevedano, tra le loro offerte, gnocco, tigelle e qualunque altra succulenta proposta della cucina locale. Il modenese ama godere e troppo poco documentarsi. Torme di persone gremiscono, specie il sabato, la via Emilia: ma quanti in realtà conoscono il Pantheon di San Vincenzo o la  chiesa della Madonna delle Assi? Quanti sono andati almeno una volta alla Galleria Estense, considerata una delle più belle d'Italia? 

Di chi è la colpa?

Spesso la verve polemica dei geminiani tende a colpevolizzare le istituzioni del mancato decollo culturale della città imputandole di dar vita a iniziative di scarso livello, molto costose e poco seguite. Sarà vero? Se in alcune circostanze, come ad esempio per l'esposizione "Il manichino della storia", è possibile intravedere qualche responsabilità nella scelte fatte dagli amministratori, in altre ciò non appare così scontato. Ci riferiamo, più precisamente, alle prestigiose mostre di "Mutina Splendidissima" e alle ultime "Meravigliose Avventure" e "L'Idea di un Principe" che pur vantando un'indubbia qualità non stanno ottenendo un consenso proporzionato al loro implicito valore. Come accade per la già citata Galleria Estense, i modenesi latitano. Pochi sono i visitatori nei giorni feriali, e non di più sono quelli che accorrono la domenica. Per non parlare poi della Galleria Civica, penalizzata ora dal costo di un indispensabile biglietto. E allora che fare? Non abbiamo una ricetta a portata di mano, né vogliamo arrogarci di un ruolo che non ci compete. Tuttavia non intendiamo abbandonare l'idea che qualsiasi ipotesi di miglioramento civico debba essenzialmente cominciare dalla coscienza di ognuno di noi.

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