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Recettori della nicotina come barriera anti-covid, Unimore partecipa alla ricerca

Un Consorzio internazionale cui partecipano ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha avviato uno studio per esplorare l’ipotesi avanzata dal Prof. Jean-Pierre Changeux di un coinvolgimento positivo dei recettori per la nicotina nel contrasto della infezione da SARS-CoV-2.

Ricercatori Unimore partecipano ad uno studio di un Consorzio internazionale su ipotizzati effetti positivi dei recettori per la nicotina nel contrasto della infezione da SARS-CoV-2.

Coordinati dal Prof. Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze, i ricercatori modenesi del Centro di Neuroscienze e Neurotecnologie dell’Università di Modena e Reggio Emilia sono al lavoro per testare questa suggestiva e sorprendente ipotesi di un coinvolgimento dei recettori per la nicotina nella protezione dal COVID-19.

“Ma attenzione - avverte il Professor Michele Zoli - non bisogna assolutamente confondere gli effetti farmacologici della nicotina sui suoi recettori con il fumo di sigaretta. Il fumo di sigaretta è una delle prime cause di morte evitabile nei paesi industrializzati e la nicotina è una molecola che dà dipendenza. Non va quindi assolutamente abbassata la guardia nei confronti della nocività del fumo e della pericolosità della nicotina. Sarebbe un grave errore tentare di provare a curare una malattia causandone altre non meno dannose”.

L’idea di avviare questa ricerca prende spunto da un’ipotesi avanzata dal professor Jean-Pierre Changeux dell’Istituto Pasteur di Parigi sulla base di ricerche epidemiologiche, peraltro riprese anche dalla stampa, che mostrano la percentuale relativamente bassa di fumatori tra i malati gravi di COVID-19.

È noto che il recettore nicotinico – spiega il Prof. Michele Zoli di Unimore - può svolgere un ruolo protettivo in alcune malattie, come ad esempio alcune patologie neurodegenerative. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato che alcune molecole, con attività biologiche analoghe a quelle della nicotina, attualmente in sperimentazione clinica, abbiano importanti attività anti-infiammatorie che risulterebbero estremamente utili per contrastare, attenuandola se non spegnendola, la tempesta di citochine osservata in molti pazienti COVID-19 positivi. L’obiettivo delle ricerche fisio-farmacologiche in corso è di validare farmaci con l’attività protettiva della nicotina ma senza gli effetti negativi di questa molecola. In conclusione, è di grande interesse indagare l’ipotesi del prof. Changeux, in quanto, se fosse fondata, sarebbero rapidamente disponibili farmaci efficaci in grado di cambiare il decorso di questa pandemia, e di ridurne l’impatto sanitario, sociale ed economico”.

Per questo studio è stato costituito un Consorzio internazionale composto da Guy Gorochov, immunologo della Sorbona (Francia), Zahir Amoura e Makoto Miyara, internisti della Pitié-Salpetrière di Parigi (Francia), Laurent Schaeffer e Christophe Marcelle, biologi cellulari dell’Istituto NeuroMyoGène di Lione (Francia), Michael Sieweke, biologo cellulare dell’Università di Dresda (Germania), Cecilia Gotti, farmacologa dell’Istituto di Neuroscienze del CNR sezione di Milano (Italia), e appunto dai ricercatori del Centro di Neuroscienze e Neurotecnologie di Unimore (Italia).

Il coinvolgimento di un prestigioso gruppo di Unimore in questa ricerca di avanguardia sui possibili effetti protettivi dei recettori per la nicotina nell’infezione da SARS-CoV-2, non a caso frutto di una collaborazione interdisciplinare al massimo livello europeo – dichiara il Rettore Unimore Professor Carlo Adolfo Porro – testimonia il valore dei nostri ricercatori e il loro ruolo in reti internazionali di eccellenza. Il nostro Ateneo si conferma in prima fila nelle indagini sui meccanismi protettivi del danno tissutale legato all’infezione da COVID-19; in particolare, l’articolato programma di ricerca in corso di realizzazione permetterà, secondo i più rigorosi e al contempo innovativi metodi scientifici, di testare ipotesi e cercare soluzioni per la cura di questa grave patologia”.

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