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Coronavirus. Ricercatori modenesi individuano le alterazioni immunitarie causate dal virus

I ricercatori di Unimore ed i medici dell’Azienda Ospedaliero Universitaria fanno gioco di squadra contro il Covid-19. La pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Cytometry, firmata dal prof. Andrea Cossarizza

La battaglia contro il Covid-19 è appena iniziata, ma a Modena i ricercatori e i clinici di Unimore e dell'Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena hanno già ottenuto i primi, importanti dati scientifici sulle modificazioni del sistema immunitario indotte dal SARS-CoV-2.

Esce oggi, giovedì 19 marzo, una pubblicazione sulla prestigiosa rivista internazionale "Cytometry", in cui per la prima volta viene descritta nei dettagli la diversa distribuzione dei principali tipi di linfociti presenti nel sangue dei pazienti ricoverati per una polmonite da Covid-19 al Policlinico di Modena.

I dati scientifici, tutti prodotti nella nostra città, sono stati ottenuti dal gruppo del prof. Andrea Cossarizza di Unimore, docente di Patologia Generale, e della ricercatrice Sara De Biasi, in collaborazione con la prof.ssa Cristina Mussini e il prof. Giovanni Guaraldi della Clinica della Malattie Infettive e il prof. Massimo Girardis, Direttore della Terapia Intensiva e Post-Operatoria.

Il lavoro riporta che, come accade in altre infezioni acute virali, la frequenza di cellule che esercitano funzioni differenti e producono molecole diverse all'interno delle famiglie dei linfociti helper o citotossici è molto diversa. Entrambi questi tipi cellulari mostrano alcune anomalie qui descritte per la prima volta, in primo luogo un'alta percentuale di cellule c.d. naive, cioè di linfociti che non hanno ancora riconosciuto il loro antigene, cosa alquanto anomala, data l'età relativamente avanzata dei pazienti, ma che sono funzionalmente "spente".

Inoltre, le cellule di memoria presenti all'interno dei linfociti citotossici - che sono principalmente deputati alle difese antivirali - esprimono sulla superficie molecole caratteristiche di cellule che hanno esaurito la loro funzione, ovvero, che sono anch'esse spente. Queste osservazioni potrebbero avere implicazioni sia teoriche, per comprendere meglio come il sistema immunitario venga modificato dal virus, sia pratiche. Infatti, qualora confermate dagli ulteriori studi in corso, potrebbero essere utili per i pazienti che stanno facendo le nuovissime terapie con farmaci biologici, che il Policlinico di Modena è stato uno dei primi centri ad iniziare il 12 febbraio scorso.

Raccogliere il numero maggiore di informazioni possibili è quindi oggi cruciale per capire bene l'immunopatogenesi della infezione da SARS-CoV-2 e per identificare il ruolo delle diverse componenti del sistema immunitario durante l'infezione. Inoltre, identificare le cellule nei loro minimi dettagli potrà non solo fornire informazioni di tipo prognostico o predittivo, ma anche aiutare il disegno di strategie vaccinali.

"E' il primo lavoro di un eccezionale e affiatatissimo team formato da oltre 50 ricercatori e medici che da settimane si dedicano interamente alla cura dei pazienti con enormi sforzi personali e totale dedizione, e che collaborano con entusiasmo al progetto scientifico - spiega il prof. Andrea Cossarizza - che ci ha permesso di ottenere questi risultati con una tempistica che definire da record è riduttivo".

Gli studi sono stati compiuti con l'ausilio di nuovi, potenti strumenti presenti nel nostro Ateneo e nuovissime tecniche di analisi bioinformatica applicate all'immunologia, che permettono di riconoscere oltre 65mila diversi tipi cellulari in una goccia di sangue e avere un quadro immunologico di incredibile precisione.

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