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Finte voci "Trasferte Italia" in busta paga, il Tribunale dà ragione ai lavoratori

Il giudice di Modena ha stabilito che l'elusione fiscale è a carico del datore di lavoro: è il caso della cooperativa M.T. Service che operava come appaltatrice presso la Motovario di Formigine. Soddisfazione per la Cgil

L’utilizzo di finte voci in busta paga per eludere fisco e contributi sono una responsabilità del datore di lavoro. Questa è in sostanza la conclusione della sentenza di primo grado della Terza Sezione civile del Tribunale di Modena del 22 gennaio in seguito al ricorso promosso da 11 ex lavoratori della M.T. Service, una società cooperativa ora in fallimento che per anni ha gestito un appalto presso la Motovario di Formigine.

La vicenda risale al 2017 quando, dopo gli scioperi di Fiom e Filt/Cgil, le contestazioni sindacali sulla cooperativa e in seguito alle visite degli organi ispettivi, molti lavoratori avevano ricevuto una serie di cartelle esattoriali dagli importi di qualche migliaio di euro fino a 10-15.000 euro. L’Agenzia delle Entrate era intervenuta infatti per recuperare l’Irpef non versata sulla voce “Trasferta Italia”, una voce fasulla, secondo gli accertamenti dei giudici, in quanto i lavoratori hanno sempre lavorato presso il medesimo stabilimento senza ricorrere a trasferte.

Questo stratagemma adottato dalla coop di manodopera - purtroppo non un caso isolato - ha permesso nel tempo un risparmio illegittimo di parecchie migliaia di euro a favore dell’azienda e dei lavoratori. Tuttavia fino ad oggi i lavoratori sono sempre stati trattati come complici del sistema, ma ora una sentenza gli riconosce il diritto allo sgravio.

La recente sentenza, innovativa sul tema, riconosce infatti “la sostanziale fondatezza delle ragioni dei lavoratori opponenti, i quali (oltretutto, lavoratori stranieri) hanno subìto le conseguenze di una elusione fiscale e contributiva perpetrata dal datore di lavoro in loro danno” e riconosce il loro diritto “ad ottenere il corrispondente sgravio da parte della Amministrazione delle entrate”.

“Accogliamo favorevolmente la sentenza e le argomentazioni del giudice perché si riconosce che è compito e responsabilità del datore di lavoro applicare la giusta e corretta retribuzione – dichiarano i sindacalisti del Dipartimento Appalti, di Fiom e Filt della Cgil di Modena – Nel sistema degli appalti aziendali abbiamo denunciato parecchi fenomeni di elusione fiscale e contributiva attraverso l’utilizzo di finte voci in busta paga, come la “Trasferta Italia”, che possono raggiungere anche varie centinaia di euro al mese”. 

“Questo sistema – proseguono i sindacalisti Cgil  - abbassa il costo del lavoro e il costo dell’appalto e si fonda sulla scarsa consapevolezza che hanno i lavoratori, in questo caso spesso stranieri, dei loro diritti, ma anche sulla sempre maggiore difficoltà di far valere questi diritti in condizioni di estrema precarietà. La sentenza è chiara – concludono i sindacalisti – i lavoratori sono parte lesa e non hanno responsabilità per gli artifici che si sono trovati in busta paga. E’ per questi motivi che gli organi ispettivi, la pubblica Amministrazione e l’Agenzia delle Entrate dovrebbero agire sul datore di lavoro e, nel caso degli appalti, soprattutto a livello delle aziende committenti, le quali hanno il potere contrattuale e decisionale di pretendere la correttezza dello svolgimento del rapporto di lavoro. Per quanto ci riguarda siamo pronti a difendere i principi di questa sentenza.”.

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