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L'intervista I Come un'esperienza all'estero può cambiarti la vita

Abbiamo fatto due chiacchiere con Alice, appena tornata in patria dopo un'esperienza di volontariato in Irlanda durata nove mesi

Quando qualcuno un giorno disse che il cielo di Irlanda è un oceano di nuvole e luce, chissà se sapeva che tra Dublino e il Connemara c’è una contea chiamata Kilkenny, in provincia di Leinster, che è gemellata con un comune chiamato Formigine, in provincia di Modena. Probabilmente no. E probabilmente non lo sapeva neanche chi, capitato a Kilkenny quasi per caso, ha finito per trascorrervi nove mesi della sua vita.

Alice Rauseo è una ragazza di diciannove anni, spezzanese di origine, formiginese di adozione. Ha dato la maturità lo scorso anno, al Baggi, e con un diploma in  ragioneria informatica in tasca, il 29 agosto 2019 è partita per un’esperienza che si sarebbe rivelata indimenticabile. Qualche giorno fa è tornata in patria, e abbiamo deciso di scambiare due parole. La quarantena cui è costretta ci ha impedito di farlo dal vivo, eppure l’entusiasmo del suo racconto è concreto, palpabile, inconfondibilmente vero.

Alice ha partecipato ad un progetto chiamato “Corpo Europeo di Solidarietà”, al quale aderisce anche il Comune di Formigine, che coinvolge giovani provenienti da tutto il continente in attività di volontariato. Nello specifico, ha prestato il suo servizio al KCAT Arts Centre di Callan, vivendo presso una famiglia ospitante per nove mesi, lockdown compreso.

Alice, come sei venuta a conoscenza di questo progetto?

Un’amica di famiglia mi ha detto che il Comune di Formigine offriva la possibilità di partecipare ad un Eurocamp in Germania, della durata di due settimane. Ero particolarmente interessata, così dopo essermi informata sono andata in Comune con un’amica per consegnare tutta la documentazione. In quell’occasione, la referente del progetto mi ha detto che ci sarebbe stata anche la possibilità di aderire ad un’altra iniziativa: quella del Corpo Europeo di Solidarietà. Fino ad allora non avevano ancora ricevuto nessuna candidatura, ma il bando sarebbe scaduto di lì a due giorni: così in una notte ho deciso di provarci. Ho fatto un colloquio con in Comune, e dopo un paio di settimane sono stata contattata per farne un altro -in inglese- con i referenti dell’associazione. Il 29 agosto 2019 sono partita per l'Irlanda.

A proposito di inglese: è richiesto un livello specifico per poter partire?

È necessario indicare il proprio livello di conoscenza della lingua nel modulo per la candidatura, ma non viene richiesta nessuna specifica certificazione. Gli unici requisiti necessari per poter partecipare sono essere residenti, o per lo meno domiciliati, a Formigine e avere tra i 18 e i 30 anni.

Una volta arrivata, come si è strutturato il tuo soggiorno in Irlanda?

Sono stata ospitata da una famiglia polacca: anche la mia hostmum (madre ospitante, ndr) lavorava al KCAT, quindi eravamo sempre insieme. Il KCAT è un centro inclusivo per le arti, unico nel panorama irlandese. Alle attività del centro partecipavano persone provenienti da tutto il mondo, di tutte le età, e ognuno poteva esprimere sé stesso e le proprie particolarità. Si potrebbe dire che sia organizzato in tre macro-gruppi (studio, teatro e corsi), e ad ogni volontario ne viene affidato uno. Lo studio era riservato ad artisti professionisti con disabilità; mentre il gruppo di teatro era una vera e propria compagnia che si esibiva a livello internazionale. Io ero la responsabile dei corsi, che consistevano in attività di disegno, scultura, taglio legno e cucito. Come responsabile, ho ideato due progetti: quello di un enorme calendario a muro, nel quale venivano inseriti gli eventi più importanti di ogni mese -compleanni compresi!- e uno riguardante proprio il cucito. Nel centro c’erano molte signore che mi hanno insegnato a fare la maglia, e quando ho scoperto che a Reggio Emilia aveva sede l’associazione “Mani di Mamma”, che produce completini per bambini nati prematuri, ho pensato che avremmo potuto instaurare una collaborazione. Mi sono messa in contatto con l’associazione, che ha provveduto a mandarci tutti i modelli, e abbiamo iniziato a lavorare a questi piccolissimi vestiti di lana merino o cashmere. Sarei dovuta tornare in Italia per Pasqua, portando con me le nostre creazioni per consegnarle a Mani di Mamma, ma nulla è andato secondo i piani. Il centro ha chiuso il 17 marzo per l’emergenza sanitaria, e i voli con i quali avevo previsto di tornare a casa sono stati cancellati. Mi dispiace tanto per il progetto, ci credevo davvero: spero che quando il centro riaprirà possa essere portato avanti.

Quindi hai trascorso tutto il periodo di lockdown in Irlanda?

Sì, ho trascorso i mesi di quarantena a casa della mia famiglia ospitante. Quando il centro ha chiuso, a marzo, pensavamo che sarebbe stata questione di un paio di settimane e tutto sarebbe tornato alla normalità, ma non è stato così. Prima è stata annullata la manifestazione di San Patrizio, che per gli irlandesi è forse la festa più importante dell’anno, e di lì tutto il resto. Non sono potuta tornare in Italia perché nel frattempo era diventata zona rossa, e ho preso consapevolezza del fatto che avrei dovuto passare il periodo di lockdown in quella che era stata la mia casa per i precedenti sette mesi. Sono stata fortunata perché con la mia famiglia ospitante mi sono sempre trovata molto bene. Come ho detto, erano polacchi, e durante la quarantena mi hanno insegnato a cucinare piatti tipici della loro terra, e anche un po’ della loro lingua. Ho ripassato l’inglese con i miei “fratelli” che facevano le lezioni online, ho imparato molto in questo periodo. Insieme abbiamo sempre fatto tante cose, è stata una quarantena “movimentata”. Poi sono tornata il 29 maggio con un volo organizzato dalla Farnesina.

Alla fine dei conti, consiglieresti questa esperienza ad altri ragazzi?

Sì, assolutamente. Infatti, ripensandoci, mi stupisce davvero essere stata l’unica ad aver fatto domanda per partecipare. È stata un’esperienza che mi ha fatto crescere davvero tanto. Ho conosciuto persone diverse, culture diverse: io stessa mi sento diversa rispetto a quando sono partita, profondamente arricchita. È un’esperienza che “ti apre la mente”.

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