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Cronaca

La storia di Armida, 100 candeline tra motori e musica

Da Modena a Cordoba (Argentina) andata e ritorno: i motori, Maserati e non solo, e la musica, soprattutto quella dei Nomadi, si intrecciano nella storia della centenaria, oggi ospite della casa protetta Vignolese

I motori, quelli della Maserati ma anche quelli realizzati in America latina da chi ha imparato il mestiere sotto la Ghirlandina, e la passione per la musica che ha trasmesso anche a uno dei suoi quattro figli, Gianni, lo storico bassista dei Nomadi che se ne è andato improvvisamente alcune settimane fa. Musica e motori si intrecciano nell’incredibile vita di Armida che lunedì 17 agosto festeggerà i cent’anni nella residenza protetta “Vignolese” del Comune di Modena.

A festeggiarla, insieme alla famiglia, ci saranno amici, conoscenti, il personale e gli anziani della Casa Residenza che per l’occasione ha organizzato una mattinata allietata dalla musica.

La storia di Armida Meneghini inizia il 17 agosto del 1915, a Conselve, in provincia di Padova, fra i pizzi e i ricami dello zii ambulanti al mercato d’Este, a cui la mamma l’aveva affidata. Qui conobbe l’uomo da cui ebbe quattro figli e per il quale si trasferì a Modena. Alfredo Coron, anche lui, come Armida, orfano di padre: quello di lui medaglia al valore guadagnata a prezzo della vita per aver salvato un bambino che stava per annegare, quello di lei caduto sul campo di battaglia in Albania ancor prima che lei nascesse.

Per seguire il marito, che aveva ottenuto un posto alla Maserati come capo officina, Armida si trasferì nella terra dei motori con la suocera. La coppia ebbe quattro figli maschi: Carlo, Ruggero, Gianni e Armando. Grazie al lavoro e alla numerosa famiglia da mantenere, Alfredo evitò la chiamata alle armi. Di quegli anni, Armida ricorda che la casa del Tridente aveva nascosto le macchine utensili sotto al Tempio, in modo che non fossero anch’esse portate via per servire la causa della guerra, ma gli anni successivi non furono più facili. Di fronte alla crisi del dopoguerra, nel ‘46 la famiglia Coron emigrò in Argentina, a Cordoba dove Alfredo, dopo i primi difficili anni, riuscì a mettere a frutto quanto aveva imparato nella sua esperienza modenese e creò un’impresa meccanica arrivata ad impiegare fino a 50 persone. Il marito di Armida fu anche socio fondatore e presidente del Circolo Sportivo di Cordoba, ma il benessere durò poco e la ruota della fortuna iniziò a girare nell’altro senso. Anche in Argentina i tempi si fecero duri: arrivò la stagione dei colpi di stato e delle conseguenti crisi economiche. L’impresa fallì e la famiglia fu costretta a ritornare in Italia. A Modena per ricominciare da capo. A salvare i Coron sono ancora una volta i motori, anche se questa volta il lavoro costringe il capofamiglia a fare il pendolare da Modena a Milano. La vocazione per la metalmeccanica Alfredo, scomparso nel 2002, la trasmette ai figli Carlo, Ruggero ed Armando che nel ’68 aprirono un’officina meccanica nella zona dell’Autodromo, in via dei Gavasseti. Poi anche il destino dei fratelli si divise, tra chi, impiegato bancario, continuò a vivere in città e, giunta la pensione, si dedicò a una banca più solidale, quella del Tempo (Armando) e chi invece ha continuato per anni a fare la spola tra l’Italia e l’Argentina (Carlo), fino a chi in Argentina c’è definitivamente tornato con tutta la numerosa famiglia (Ruggero). A Gianni invece, mamma Armida aveva trasmesso l’amore per la musica, una passione che lo ha portato a far parte del nucleo originario dei Nomadi contribuendo all’esordio del gruppo dove ha suonato fino al ’74, e che lo ha accompagnato fino alla fine.

Quanto ad Armida, che la vita l’ha vissuta “tutta per i suoi figli; nonostante i tempi duri, tornerebbe da capo a fare tutto, cambiando giusto qualche cosa”, come ammette raccontando, con gli occhi lucidi e l'aiuto del figlio Armando, cent’anni trascorsi tra due mondi accudendo la famiglia, cucendo e cucinando, lei che ama ancora la musica e non disdegnava ballare quando ce ne era l’occasione”.

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