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Cronaca Fiumalbo

Fiumalbo, quando lo Stato perde la bussola e uccide il territorio

Il cambio di accatastamento dei terreni genera un'assurda e smisurata impennata delle concessioni: un albergo e varie attività commerciali vengono condannate alla chiusura proprio da chi dovrebbe tutelarli

Supponiamo di essere titolari di un’attività per la quale si paga una concessione di circa 2.500 euro all’anno, e che su questo importo, come è ovvio, si costruisca e si imposti la gestione della nostra azienda. Accade poi che il titolare della concessione cambi, e che il nuovo concedente decida di aumentare di 40 volte l’importo della concessione, che passa così a 105.000 euro all’anno. In situazioni come questa, per la nostra attività esiste un’unica possibilità: quella di chiudere.

É quanto sta accadendo ad alcuni esercizi pubblici di Fiumalbo – il caso più clamoroso è quello di un albergo – che in seguito al cambio di accatastamento dei terreni su cui svolgono l’attività, passati da proprietà demaniale indisponibile a beni dello Stato (quasi non fossero due enti della stessa istituzione), hanno visto gli importi delle concessioni raggiungere cifre vertiginose, che non permettono il proseguimento dell’attività. Passati da una “mano” all’altra dell’amministrazione pubblica, gli esercizi sono stati di fatto strappati dalle mani di coloro che ne hanno avuto cura per anni. Nel caso specifico, un albergo costruito, gestito e manutenuto da ben tre generazioni, che tra dieci giorni, se non si arriverà ad un accordo, chiuderà i battenti, proprio all’approssimarsi della stagione invernale.

“In questa situazione ci sono un paio di elementi incomprensibili - spiega Andrea Lenzini, direttore della sede CNA di Fiumalbo - Innanzitutto la motivazione alla base dell’aumento della concessione, aumento che appare dal “nulla” durante il passaggio di proprietà tra due enti statali. Ma, soprattutto, quand’anche un aumento fosse lecito attenderselo, è l’entità dell’aumento a stupire, per usare un eufemismo. Aumentare di 40 volte una concessione, al di là del suo importo, è un sopruso. E oltretutto è un sopruso inutile, perché l’unica strada per l’impresa di fronte ad una tale richiesta è la chiusura, e quindi la perdita dell’entrata da parte – in questo caso – dell’Agenzia Demaniale: lo Stato avrà il possesso di un hotel che nel giro di pochi mesi di inattività si deteriorerà e dovrà essere risistemato. Intanto passeranno anni per potere emanare un bando per la nuova gestione che, a quel prezzo (oltre 100.000€ l’anno), nessuno vorrà. A rimetterci più di tutti, però, è il territorio, che subirà un ulteriore impoverimento: alla faccia di chi, peraltro giustamente, invoca interventi pubblici a sostegno delle imprese e dell’Appennino”.

Il caso è finito in Regione, attraverso un'interrogazione di Luciana Serri (PD), alla quale ha replicato l’assessore alle Attività produttive, Gian Carlo Muzzarelli. “Alla luce della crisi economica generale e delle specifiche difficoltà del turismo montano, sono a chiederle una cortese informazione sul caso e la disponibilità al suo riesame, qualora si profilasse effettivamente un esito negativo della vicenda”,  ha scritto Muzzarelli al direttore dell’Agenzia del Demanio regionale, nella speranza di salvare le attività economiche di Fiumalbo gravate dalle concessioni schizofreniche.

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