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Cronaca Mirandola

Lavoro nero e manodopera clandestina, nuova denuncia nel tessile

Un laboratorio di Mirandola chiuso dai Carabinieri, dopo che l'Ispettorato del Lavoro ha sorpreso dietro le macchine da cucire lavoratori cinesi non regolarmente assunti e clandestini. Maximulta pagata immediatamente dal titolare, che ha già riaperto l'attività

Si allunga la lista delle fabbriche tessili del distretto della Bassa modenese che sono costrette alla chiusura a causa delle irregolarità riscontrate dall'Ispettorato del Lavoro. Un fenomeno dilagante, che interessa in maniera massiccia gli imprenditori di nazionalità cinese che hanno aperto negli ultimi anni i propri laboratori tessili nell'indotto della moda carpigiana, lavorando però troppo spesso ben oltre il confine della legalità.

L'ultimo sopralluogo eseguito dai Carabinieri di Mirandola ha interessato un opificio nel territorio comunale, nel quale erano al lavoro 12 cittadini cinesi, alle dipendenze di un connazionale. Tra loro vi erano però 3 dipendenti assunti in nero, privi di ogni forma di riconoscimento fiscale. In aggiunta, due di questi sono anche risultati del tutto sconosciuti alle autorità, poichè clandestini sul territorio nazionale.

Trattandosi di una quota di dipendenti non in regola superiore al 20% del totale, l'Arma ha imposto la chiusura dello stabilimento produttivo, fino alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro e al pagamento della multa. La sanzione inflitta è stata salata: 12mila euro che tuttavia l'imprenditore orientale ha pagato immediatamente, come spesso accade, potendo ripartire quasi subito con le lavorazioni tessili della fabbrica.

Più complesso sarà invece l'iter giudiziario che attende il titolare, che è stato denunciato per il reato di sfruttamento della manodopera clandestina. La legge prevede in questi casi fino alla reclusione da sei mesi a tre anni e la multa di 5.000 euro per ciascun
lavoratore irregolarmente occupato.

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