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Cronaca

Elisabeth Mantovani svela i segreti e le curiosità della Modena Ebraica

Quale ruolo ha avuto la comunità ebraica nella storia di Modena? L'esperta di storia e arte modenese Elisabeth Mantovani ci porterà in un viaggio tra antichi simboli, tradizioni dimenticate e curiosità su una delle comunità più importanti della storia della nostra città

Quale ruolo ha avuto la comunità ebraica nella storia di Modena? L'esperta di storia e arte modenese Elisabeth Mantovani ci porterà in un viaggio tra antichi simboli, tradizioni dimenticate e curiosità su una delle comunità più importanti della storia della nostra città. 

Quanto è stata importante la comunità ebraica nella storia di Modena?
La Comunità Ebraica è stata per secoli al centro delle vicende modenesi soprattutto per i legami tra il Ducato Estense e gli ebrei. Si trattava soprattutto di legami economici e commerciali che hanno però avuto ripercussioni di grande portata in tutti gli aspetti della vita nei territori governati dagli Estensi. Per finanziare gli sfarzi ed anche le frequenti guerre per proteggere il loro territorio, gli Estensi hanno accolto molti Ebrei che fornivano loro denari utili al mantenimento di un piccolo stato pressato da ogni parte da potenze politiche più forti. Già dall'epoca di Alberto V (fine XIV secolo) abbiamo notizie di banchi feneratizi (prestito ad interesse) a Modena come a Ferrara. I Duchi rimasero dipendenti dai denari degli Ebrei anche dopo l'apertura del ghetto a Modena la quale nel frattempo diventata capitale del Ducato (1598). Le attività di prestito a Modena cessarono solo nel 1767: molto più tardi che nella maggior parte del resto d'Italia. Dopo il breve capitolo dell'apertura Napoleonica, inoltre, gli ebrei presenti a Modena avevano conosciuto un periodo di forte repressione durante il ritorno degli Asburgo-D'Este, perciò molti parteciparono ai moti risorgimentali e nel nostro territorio la presenza ebraica fu fondamentale nel contributo dato dalla nostra città al processo di unificazione nazionale. Inoltre, in un territorio dove la Resistenza giocò un altro ruolo fondamentale nella storia della città, gli ebrei furono di nuovo in prima linea nel processo di Liberazione nazionale: molti di loro parteciparono attivamente e caddero come resistenti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Davanti alla sinagoga sono stati posti degli alberi, è voluta la scelta di nasconderla in parte rispetto a via Emilia?
Sì esatto. L'attuale sinagoga è un complesso artistico di valore, armonioso ma molto imponente. Il suo peso architettonico doveva essere un simbolo dell'emancipazione degli ebrei dopo l'Unità d'Italia ma ai primi del Novecento qualche cittadino si lamentò poichè, passando dalla via Emilia, cuore pulsante della vita cittadina, la sinagoga "dava troppo nell'occhio" e così disturbava, era per alcuni troppo "sfacciata".

La comunità ebraica come ha contribuito alla tradizione storica e culinaria modenese?
In molte zone del territorio nazionale la tradizione culinaria porta il segno della ricca e affascinante gastronomia ebraica. La spongata ad esempio, dolce tipico del parmense ma conosciuto anche a Modena, ha origini ebraiche. Una curiosità: la celebre torta è citata nel poema eroi-comico "La Secchia Rapita" di Alessandro Tassoni, uno degli emblemi letterari del territorio modenese.

Quali sono i luoghi che più rappresentano la storia degli ebrei modenesi?
A Modena le tracce visibili sono rimaste poche ma significative. Sicuramente possiamo citare l'area dove si trova ora la Sinogoga, un gioiello architettonico e un importante luogo per la presenza e la Memoria ebraica. In quell'area già dal Medioevo gli ebrei vivevano ed esercitavano le attività loro permesse come la compravendita di oggetti e vestiti usati ad esempio. Oppure attività umili legate alla fiorente industria dei tessuti. Un altro luogo significativo è il Cimitero Ebraico di San Cataldo. Qui tra le tante iscrizioni ne è riportata una, dal libro di Giobbe, che mi ha colpito molto: “Piccolo e grande colà si ritrovano.” È un concetto che specialmente in questo momento storico ci porta a importanti riflessioni sul significato della vita e della morte.  Di grande importanza simbolica è anche la tomba di Pio Donati, personaggio e politico di spessore nella storia modenese, appartenente alla Comunità Ebraica di Modena oltre che a un’importante famiglia presente in città sin dal 1600. Pio Donati migrò all’estero durante le persecuzioni della Seconda guerra mondiale ed è sepolto vicino Francesco Luigi Ferrari anche lui migrato all’estero per le sue idee anti-fasciste. Nonostante le tombe dei due politici e letterati italiani si trovino rispettivamente l’una nella parte ebraica del Cimitero di San Cataldo e l’altra nella parte cattolica, esse sono state poste vicine separate soltanto da un vetro che, solo in quel punto, sostituisce il muro di cinta.

Gli ebrei modenesi furono accettati dagli altri modenesi in passato o ci furono periodi oscuri?
Quando i duchi accolsero numerosi ebrei dalla Spagna e dal Portogallo tra il XV e il XVI secolo i modenesi furono spaventati da un tale afflusso in città di “stranieri” che “occupavano spazio e le migliori case”. Furono soprattutto i rappresentanti delle Arti e dei Mestieri, allora fornai, “lardaroli”, “pellizzari”, “merzai” e così via, che si lamentarono dell’intraprendenza degli ebrei nel gestire le attività loro concesse e i banchi di prestito. Dopo l’apertura del ghetto iniziò un lungo periodo di predica antisemita ad opera dei francescani che nel frattempo avevano aperto un Monte di Pietà in diretta concorrenza ai banchi di prestito degli ebrei. Anche prima della data di apertura del ghetto (1638), i francescani alleati alle corporazioni di mestiere, avevano proposto ai duchi vari progetti di segregazione. Se vogliamo andare ancora più indietro possiamo ricordare la peste del 1300: anche in questo caso gli ebrei a Modena furono accusati di essere gli untori. E’ probabilmente vero comunque che gli ebrei, grazie alle loro scrupolose norme igieniche nella preparazione e nella consumazione del cibo e al fatto che erano abituati a vivere in comunità abbastanza coese, furono forse meno contagiati di altri.

Come si comportarono i modenesi con gli ebrei durante la persecuzione nazi-fascista? Raccontaci cosa accadde a Modena agli ebrei in quel periodo.
Durante la persecuzione nazi-fascista i modenesi mostrarono con evidenza un aspetto della loro comunità che è ancora oggi una peculiarità che caratterizza il territorio: l’accoglienza e il desiderio di integrazione.
Anche a Modena gli ebrei furono tuttavia perseguitati a causa delle leggi razziali e dell’avvicinamento di Mussolini alla politica hitleriana: ben 18 ebrei modenesi furono deportati e 8 morirono nei campi di concentramento. Ciononostante numerosi ebrei residenti nel territorio modenese trovarono rifugio in abitazioni private, case di cura e istituti religiosi del modenese. Questi luoghi diedero ospitalità anche a ebrei che provenivano da altre parti d’Italia e addirittura da altri paesi europei dimostrando, appunto, quella facciata della comunità modenese che diventerà una costante fino ai nostri giorni. Persino la questura modenese fu solidale con gli ebrei e si premurò di avvisare prima coloro che erano destinati ai campi di sterminio affinché avessero la possibilità di mettersi in salvo. Grazie a queste rete di solidarietà nel modenese la repressione nazi-fascista fu meno dura che altrove e qui trovarono rifugio e accoglienza tanti perseguitati, basta solo pensare che molti ebrei aderirono alla Resistenza dando un contributo non indifferente alla Liberazione di Modena, così come a quella di altre parti d’Italia.

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