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Cronaca Mirandola

L'azienda in crisi cerca di svuotare il capannone, la Fiom blocca i furgoni

Momenti di tensione alla Carrozzeria Barbi di Mirandola, dove sono intervenute anche le forze dell'ordine. Prosegue la trattativa sindacale

"Ennesima provocazione della proprietà della Carrozzeria Barbi di Mirandola". Così la Fiom definisce quanto accaduto ieri alla Carrozzeria Barbi di Mirandola, dove è in corso un presidio permanente dei lavoratori per la crisi che si è aperta che mette a rischio i posti di lavoro e gli stipendi. Ieri pomeriggio l’azienda ha fatto arrivare due furgoncini per fare uscire del materiale dallo stabilimento. Al momento dell’uscita dei furgoncini carichi, i lavoratori insieme alla Fiom hanno fatto in modo che ciò non avvenisse e dopo due ore di discussione con la proprietà Barbi, l’azienda ha desistito. Erano presenti anche le forze dell’ordine durante tutta la “trattativa”. 

A fronte di questo episodio, la Fiom/Cgil e i lavoratori hanno deciso di rafforzare il presidio in attesa dell’incontro previsto la mattina del 7 agosto alle ore 9 in Comune a Mirandola alla presenza del sindaco Benatti e dell’assessorato al Lavoro della Regione Emilia Romagna. 

La Fiom e i lavoratori dal prossimo incontro si aspettano che i proprietari, Carlo e Alberto Barbi, mettano a disposizione le risorse per pagare circa il 70% dello stipendio del mese di giugno ancora non riconosciuto ai lavoratori. “Un mese interamente lavorato – commenta Cesare Pizzolla segretario Fiom/Cgil Modena -  e tenuto in ostaggio da parte della proprietà per obbligare i lavoratori a sospendere lo sciopero e rientrare a lavorare. Lo stipendio del mese di giugno non è elemento di scambio con nulla, è un atto dovuto, un diritto dei lavoratori, così come previsto dalle norme di diritto di questo Paese”. 

In secondo luogo, la Fiom e i lavoratori si augurano che anche sul versante delle prospettive, la proprietà cambi atteggiamento, rinunciando all’intransigenza di queste settimane, e mettendo in condizione tutte le parti del tavolo di trovare soluzioni condivise per garantire un futuro più tranquillo ai lavoratori. 

“In un paese civile come il nostro – continua Pizzolla - è impensabile che simili imprenditori possano deliberatamente infrangere leggi e regole non pagando stipendi e gettando sulla strada 14 famiglie, e i lavoratori per far valere un minimo di diritto debbano arrivare a gesti come questi”. 

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