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Cronaca

Intervista ad Andrea Ferrari. Il teatro e la comicità tra crisi e social network

Un'intervista ad Andrea Ferrari, uno degli attori più importanti della scena modenese, che ci parla di comicità e recitazione al tempo dei social

Parliamo spesso di televisione e di internet, ma poco di teatro e degli attori. Ecco un'intervista ad Andrea Ferrari, uno degli attori più importanti della scena modenese, che ci parla di comicità e recitazione al tempo dei social.

Sei appena tornato dal successo del tour del Cabaret Emergente. Cosa ne pensi di questa iniziativa di portare il cabaret in piazza?

Quella di P.zza XX Settembre a Modena, del 28 giugno scorso, è stata la prima di una serie di appuntamenti con Il Festival Cabaret Emergente in Tour, in qualità di ospite, ideato e presentato dal patron Riccardo Benini. La prossima, per quanto mi riguarda, sarà sabato 9 luglio, in P.zza Della Vittoria, a Sestola (MO). Le piazze sono una bellissima realtà: una realtà che amo perché c’è il contatto diretto con la gente: ci sono le famiglie, i giovani, i meno giovani, i bambini, i passanti, ignari dell’evento, che poi si fermano e applaudono, e magari, a fine spettacolo ti dicono: “Io non la conoscevo, complimenti davvero!” La piazza serve anche a questo: a farsi conoscere. E poi è una buona palestra: lì si vede se riesci a “tenere” il pubblico: il pubblico vero non quello della TV. Molti eventi in piazza sono gratuiti, pertanto, la gente se non piaci, si alza e se ne va.

Come si può oggi innovare la comicità ? Quali sono gli ingredienti?

La comicità, come il Teatro, segue i tempi, e oggi i tempi sono frenetici, serrati, pertanto, anche il comico, specie in TV ha dei tempi molto ristretti e lo stile in sé deve svilupparsi in breve tempo: non più di tre minuti. Anche le opere teatrali si tende a rivederle e adattarle: oggi, rispetto al passato, dove il Teatro la faceva da padrone, ci sono molte più proposte, e paradossalmente, si assiste a spettacoli teatrali più brevi e a spettacoli cinematografici più lunghi. Io credo che se artisti del calibro di Walter Chiari, Gino Bramieri, Carlo Dapporto, Totò, Raimondo Vianello, oggi, si presentassero a un provino, verrebbero bocciati. Oggi ci si brucia più velocemente: tutto è mirato all’esserci subito, c’è meno studio, meno preparazione e anche meno pazienza. Ritengo non ci siano ingredienti per innovare la comicità: tutto è già stato inventato, bisogna far nostre le tecniche, saperle adattare, proporle in una nuova chiave, osservare i Maestri che ti hanno preceduto, non copiarli, e sapere costruire i testi e i personaggi. Io mi reputo fortunato perché avendo avuto una formazione teatrale, tutto questo me lo sono ritrovato a mio favore, e sono nel bel mezzo tra la vecchia e l’avanguardia.   

Quali percorsi consiglieresti ad un aspirante comico?  Pensi che Internet possa essere uno strumento per ottenere visibilità in questo senso?

In questo mondo i consigli vanno di moda, e tutti dicono la loro su come avrebbero fatto quel personaggio, o detta quella battuta. L’Arte, si sa, è soggettiva. Oggi la parola “gavetta” ritengo non esista più, perché, come dicevo, non esiste la “pazienza”, e parte della colpa è anche dei talent Show televisivi che “bruciano” in poco tempo una persona che poi si ritrova con un repertorio insufficiente e non sa più rinnovarsi, perché la TV con una apparizione ti fa conoscere a milioni di persone. E bisogna saperla gestire questa notorietà (grande o piccola che sia) e ho l’impressione che oggi non ci si pensi a questo rovescio della medaglia, e infatti vediamo anche molti giovani o artisti “improvvisati” che poco dopo il successo, entrano in crisi. In quest’ultimo ventennio molti tendono ad approdare al mondo dello spettacolo: sembra l’Eldorado del terzo millennio, sembra non regnare la crisi, quando invece la crisi c’è sempre stata ed è la crisi più pericolosa che esista: la crisi personale, dell’artista, dell’interprete, perché se non sai rinnovarti e stare a galla, è finita. I colpi di fortuna ci sono, il problema è saperli gestire per rimanere in alto e continuare a vivere di questo mestiere. Una volta era più difficile e c’erano meno opportunità, ma se passavi, poi rimanevi. Oggi è diventato un tritacarne: ci sono più occasioni, ma tutto molto effimero e poco duraturo. La piazza, o il Teatro sono buone palestre per farsi le ossa. Internet lo ritengo un ottimo strumento (se usato con coscienza) per veicolare la propria immagine, ma non per crescere artisticamente: anzi, semmai è il contrario: ti appiattisce perché ti fa perdere il contatto con la gente, e davanti a un “Mi piace” il successo sembra assicurato.  

Parliamo di teatro. Oggi con la crisi il teatro soffre, cosa dovrebbero fare le istituzioni per rilanciarlo? E cosa devono fare invece gli addetti ai lavori per rinnovarlo?

E’ vero che la crisi ha toccato anche il Teatro ma bisogna fare una distinzione: il Teatro in sé non è in crisi; sono i cosiddetti “tagli” che hanno messo in crisi la macchina teatrale, perché hanno tagliato dove non bisognava tagliare: cioè nell’artistico (scenografie, maestranze, costumistica, sartoria, trucco-parrucco, effettistica, illumino-tecnica, cast, ecc…), lasciando, però, uffici e personale nelle Amministrazioni, dove, per certe mansioni, basterebbe la metà. Hanno tolto zucchero, lievito, farina, uova, forno e frigo, a una pasticceria, lasciando dieci commesse a banco: questo è quello che è successo nel Teatro e questo è quel che l’ha mandato in crisi. Il Teatro deve affascinare il pubblico: la gente paga un biglietto per assistere a una illusione, e la gente vuole essere illusa per quelle due ore: una bella scenografia, affascina sempre, aiuta a sognare, aiuta a lasciare fuori per un istante la tua vita reale, ed è compito di tutti gli addetti ai lavori e delle Istituzioni far sì che accada. I sogni aiutano a vivere meglio.

Che ruolo deve avere il teatro? 

Il Teatro deve avere anche una funzione didattica e pedagogica. Invece, vuoi per la poca competenza o interesse che certe Amministrazioni mostrano verso il Teatro (non parlo della Cultura perché dovremmo aprire un capitolo a parte su che cosa s’intende per Cultura), vuoi per i colori politici degli Stabili che per definizione si sono dovuti colorare per avere dei finanziamenti, vuoi perché oggi il Teatro vive sugli abbonamenti, tutto questo ha portato a una “crisi” della macchina teatrale. Il Teatro non ha bisogno di rinnovarsi: si è sempre rinnovato da sé, ma perché è l’uomo stesso che si rinnova, ma nel rinnovamento si può peggiorare, e il Teatro corre questo rischio: la crisi porta a un peggioramento della gestione delle finanze e, conseguentemente, tutti ne risentono. Aristotele, nella sua “Poetica” diceva: “Il Teatro è mimesi della vita”; e ci sono già dei sintomi, a mio parere, di peggioramento: il diminuire, nei cartelloni, di testi della cosiddetta “prosa classica” e l’aumentare di spettacoli d’avanguardia o di “ricerca” che sono per spazi di nicchia, e che portano all’abbandono dei teatri classici, perché (e lo sanno bene gli Amministratori degli Stabili) questi spettacoli non riescono a riempire teatri da un migliaio di persone ogni sera, pertanto, preferiscono tenere una compagnia in un teatro di minor capienza (che costa anche meno nella gestione) e nello stesso tempo, dare la possibilità agli attori (che non hanno una grande notorietà) di lavorare di più e ammortizzare tutte le spese incluse le prove. Le tuornée dove si partiva a ottobre e si finiva a maggio, con lo stesso spettacolo, sono rare, oppure dove si stava per tre mesi nella stessa città: non esiste più. Al massimo tre settimane: e se c’è il nome importante: e se sei in una grande città. Nelle nostre realtà, le compagnie passano e stanno quattro giorni. La macchina teatrale ha un meccanismo di raffinati e complessi rapporti che molte volte non hanno niente a che vedere con l’Arte.

Modena crea occasioni per attori e comici?

Modena è una città che si avvale di un passato artistico straordinario: penso a Riccoboni, a Paolo Ferrari, a Virginia Reiter ma ancor prima a Tassoni, Goldoni. Ma tutti questi l’hanno dovuta lasciare la propria città, o comunque, ci sono tornati facendosi il nome “fuori le mura”. Questo l’ho sempre tenuto a mente, visto che si dice che “la Storia si ripete”. Se si guarda al creare delle occasioni, rispondo “Sì, Modena crea delle occasioni”: il Festival Cabaret Emergente ne è un esempio: una bella vetrina e un buon trampolino di lancio. Per me lo è stato, grazie anche alla preparazione teatrale che avevo alle spalle, e successivamente al mio arrangiarmi. Oggi, è consuetudine dei comici, partecipare a una miriade di manifestazioni-gara su tutto il territorio Nazionale (anche la TV ne sta dando degli esempi), e alcuni di questi collezionano premi, medaglie, targhe ma poi rimangono fermi, cambiano mestiere, oppure lo fanno come hobby: hanno il loro momento di gloria, fanno una miriade di serate, per una stagione, poi l’edizione seguente, ne arriva un altro che vince, e lui è già “vecchio” e non interessa più, pertanto, va alla ricerca di un’altra piazza che lo faccia vivere per un altro po’. Siccome ci siamo passati tutti, e fa parte della formazione, personalmente, non credo più nella formula dei festival dedicati alla comicità: parlo come concorrente. Quando mi fu chiesto di tornare come giurato e ospite del FCE ho accettato perché mi sentivo di dare qualcosa per la crescita ulteriore di questa manifestazione, perché io stesso sono cresciuto, e così è stato. Nelle selezioni dei finalisti, è cambiato, da parte della giuria, il modo di pensare e valutare i comici. E di questo mi sento un poco responsabile. Io stesso, a parte le prime due edizioni del Festival Cabaret Emergente di Modena (nel 1994 e 1995 che peraltro non ho mai vinto) ho partecipato a un altro paio di Festival dedicati al cabaret in Italia, poi ho smesso, perché ho capito il meccanismo suddetto e poi mi sono reso conto che piacevo e piaccio molto di più al pubblico, e meno agli addetti ai lavori o ai giurati. Sempre per la mia figura professionale, infatti, non mi sono mai reputato un “cabarettista” ma un “attor comico”: ritengo l’espressione più completa. Modena crea occasioni anche sul versante teatrale: lo stabile dell’Emilia Romagna partirà con una scuola per attori, come hanno altre realtà di Stabili italiani. Penso alla bella realtà del “Teatro di classe”, alle recensioni che gli studenti fanno dopo aver visto uno spettacolo. Ma penso anche alla mia realtà, quella del laboratorio di Didattica Teatrale che nel suo piccolo, forma nuove leve attoriali, e qualcuno ha provato a spiccare il volo per lidi più grandi, e sono felice. Il teatro Michelangelo offre e crea possibilità a professionisti locali di entrare in cartellone. Io sono già cinque anni che presento un testo di prosa classica, a stagione. Mi piacerebbe lo facesse anche ERT. Investire un po’ di più sulle risorse locali, potrebbe anche risultare un risparmio per l’Ente stesso, e offrire al pubblico un buon prodotto.     

Quali progetti ti aspettano nel prossimo futuro?

C’è tanta carne al fuoco che è in via di definizione per la prossima stagione. Innanzitutto, come detto, portare avanti la bella realtà del laboratorio di Didattica Teatrale che compie il suo quattordicesimo anno di vita. Ne vado orgoglioso perché l’ho ideata partendo dal nulla: oggi vanta un’ottantina di interpreti. Sono già aperte le iscrizioni per la nuova sessione che partirà il prossimo 4 ottobre. Poi, ho le mie partecipazioni in qualità di attore a due importanti produzioni nazionali di cui una cinematografica (sono reduce dai casting che hanno avuto esito positivo). Qualche spettacolo di cabaret per le piazze locali, e tre importanti produzioni teatrali che mi vedono interprete e regista, che debutteranno a Modena nella prossima Primavera. Poi quel che verrà…

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