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Cronaca

Magner Bein | Le tipologie di grano modenese, dai romani ad oggi

Il grano è da sempre parte integrante della nostra cucina modenese, ma delle tante tipologie oggi sono rimasti pochi casi. E questo perché molti generi autoctoni si sono persi nel tempo. In questo viaggio li riscopriremo

Il grano è da sempre uno degli alimenti più importanti della tavola italiana e certamente anche di quella emiliana e modenese. Il grano che possiamo immagginare oggi è in realtà il frutto di una continua selezione che si è effettuata nel tempo, operata su grani duri e grani teneri, che ne ha modificato fortemente la struttura, ma c'è ancora traccia del grano modenese e di tutte le tipologie della nostra zona?

Oggi il recupero delle varietà autoctone nell'area montana modenese ha un grande valore nutrizionale, ma anche culturale e storico. Consideriamo che molti dei prodotti di cui oggi ci cibiamo, e che sono diventati parte della nostra cucina tradizionale, deriva da quel grano e da quella cucina antica. Basti pensare alla piadina e alla crescentina, e poi da quei sistemi di cottura si è passati ai ciacci. 

Di queste tipologie se ne annoverano alcune in uno studio di "Tradizioni e sapori di Modena" e sono: Mutina, Gentilrosso, Mentana, Terminillo, Risciola (Restaiolo), Autonomia B, Virgilio, Grano del miracolo (Marzocchio), Senatore Cappelli, Ardito, San Pastore, Marzuolo del Cimone, a cui si aggiungono l'orzo nudo "Leonessa" ed il farro con le varietà Monococco precoce, Spelta bianco, Dicoccum. Questi vennero coltivati prima del 1940 e molti di essi erano presenti già all'epoca romana e anche prima. 

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