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Cronaca

Modenese in quarantena a Istanbul, scongiurato il contagio

La ragazza 23enne ricoverata di rientro dal Ciad è fuori pericolo: esiti negativi sia per Ebola che malaria. Altri ragazzi si sono ammalati durante il viaggio umanitario. Ecco la testimonianza di uno di loro

Notizie positive da Istanbul. I test clinici cui è stata sottoposta la ragazza modenese ricoverata all'ospedale Haseki, nella capitale turca, hanno dato esito negativo, allontanando i timori allarmistici di un contagio da virus Ebola e anche quelli più plausibili relativi alla malaria

É la stessa Diocesi di Modena, organizzatrice del viaggio di solidarietà dei giovani modenesi nella missione in Ciad, ad informare sullo stato di salute della ragazza, che presto potrà fare rientro a casa. La Chiesa modenese ha seguito le vicende grazie all'intervento dei Padri Salesiani di Istanbul, che si sono occupati dei viaggiatori, mentre il Consolato Italiano li ha assistiti e tutelati.

In attesa del rientro, uno dei ragazzi di ritorno dal Ciad ha voluto raccontare la sua esperienza, preoccupato “che questa bufera diplomatica e mediatica facesse dimenticare, o anche solo mettere da parte, quello che questo viaggio è stato veramente”.

“C'è una parola in francese "brassage", che non conosce traduzione letterale in italiano, ma per farci capire il senso, i ciaddiani stringevano le mani intrecciando le dita fra loro ed allora ci era chiaro: eravamo lì per mischiarci, per legarci, per farci coinvolgere. Quindi ci abbiamo provato, grazie ad un' irripetibile opportunità che ci è stata data: vivere ventiquattro ore al giorno insieme a loro, come loro – scrive il giovane modenese - Dormire nei locali dove spesso vengono ospitati i profughi del non lontano Darfur ci ha fatto pensare alle nostre comode camere da letto; cucinare e mangiare cinque varietà di cibo differente in quattro settimane ci ha ricordato l'abbondanza sulle nostre tavole; centellinare l'acqua nel secchio per fare la doccia ci ha ricordato le vasche da bagno”.

E sì, ci siamo anche ammalati. Ma non c'è stato un attimo in cui abbiamo pensato 'che sfortunati che siamo!'. Piuttosto abbiamo ringraziato per l'ennesima volta Dio, che per l'ennesima volta ci dava la possibiltà di vivere dignitosamente anche nella malattia, grazie ai soldi che ci permettevano di pagare le cure – prosegue la testimonianza - Per ora quello che sappiamo fare è ripetere questo grazie, consapevoli che non basterà mai. E cercare di non dimenticare la gioia delle comunità in festa, dei corpi che danzano, delle voci che sempre ci hanno detto 'ça va aller, on est ensemble!', 'Andrà tutto bene, siamo insieme!'. Senza polemiche, senza accuse al nostro mondo, ma grati a chi ci ha concesso di partire e di tornare così ricchi”.

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