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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca Nonantola

Un Nonantolano a Londra, la storia di Giuseppe Gatti

Nella Little Italy londinese una mostra che omaggia gli immigrati italiani di spicco nella storia della City. Tra loro anche l'antifascista originario di Nonantola, che scappò al regime e divenne militante molto attivo in terra britannica

Da Nonantola a Londra, Giuseppe Gatti rivive con la sua foto esposta in una mostra attualmente aperta nella Holborn Library, nel centro della capitale inglese, a due passi dal quartiere che un tempo veniva chiamato “Little Italy” perché abitato principalmente da Italiani. La mostra intitolata “Dangerous Characters in London’s Little Italy” (Personaggi pericolosi nella Little Italy di Londra) presenta al pubblico per la prima volta come la comunità italiana nel Regno Unito visse nel periodo tra il 1920 e il 1945, spaccata tra fascisti e antifascisti, con nomi illustri tra questi ultimi di passaggio oltre Manica, come Don Sturzo, lo storico Gaetano Salvemini e Carlo Rosselli.

Giuseppe Gatti  è presente perché pur essendo giunto in Inghilterra solo nel 1939 riuscì in pochi anni a farsi un nome tra gli antifascisti italiani, tanto da finire sulle pagine di famosi quotidiani come il Daily Express che pubblicava i suoi articoli, senza contare gli appelli che diffondeva attraverso l’associazione di cui faceva parte chiamata FAI, Federazione Antifascisti Italiani,  indirizzati a Winston Churchill, allora Primo Ministro britannico.

Una vita avventurosa rintracciata dallo scrittore e storico Alfio Bernabei che intervistò Gatti nel 1986 per il suo documentario “Dangerous Characters” trasmesso dal canale inglese Channel 4.

Nato a Nonantola nel 1912 da Augusto e Guaitoli Giselda, secondo la propria testimonianza Gatti fu costretto a lasciare l’Italia nel 1938 perché accusato di aver tentato di impiantare una radio clandestina insieme ai suoi fratelli. Aveva ricevuto una condanna a quindici anni di carcere. Fuggì attraverso il confine francece e andò in Spagna con le Brigate Internazionali.  Combatté a Teruel e su altri fronti vicino a Malaga finché si fece tempo di lasciare il paese e riparare in Francia. Da qui si imbarcò su una nave diretta a Swansea, nel Galles. Dalla sua cartella nel Casellario Politico Centrale negli Archivi di Stato a Roma si desume che le autorità italiane erano sulle sue tracce perché un documento diffuso “ai consolati di Parigi, Anversa, Marsiglia e Cardiff” ne richiede la continua sorveglianza in vista di poterlo fare arrestare.

E’ la polizia di Londra che lo rintraccia. Viene sottoposto a processo per entrata clandestina il 19 ottobre del 1939, ma avendo chiesto asilo politico viene rimesso in libertà il 7 novembre. Va ad abitare tra gli antifascisti italiani nel quartiere di Soho capeggiati da Francesco Galasso, un medico da tempo esiliato in Inghilterra che aveva lavorato all’ospedale di Imola. E’ in questo ambiente che dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini al Regno Unito del 10 giugno 1940 nasce la FAI e Gatti  scrive a Churchill non solo augurandosi una rapida sconfitta del fascismo, ma per chiedergli di procedere all’incriminazione di tutti coloro che hanno collaborato al regime, solo per sentirsi tradito quando poi Londra promuove Badoglio al governo.

“Benché al momento delle mie ricerche nel 1986 Gatti fosse già in cattiva salute lo trovai pieno di vita e ricco di ricordi” dice Bernabei che ha curato la mostra a Londra “era ancora un appassionato antifascista e fiero del suo passato. La sua foto esposta rende omaggio a un uomo che merita di essere meglio conosciuto”.

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