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Cronaca

Tatuaggi e trattamenti estetici, uno studio Unimore mette in guardia le donne

I ricercatori hanno condotto uno studio sull'epatite C, che in regione colpisce tra le 100.000 e le 130.000 persone, di cui un terzo inconsapevoli. Necessari nuovi protocolli di cura e attenzione alla prevenzione

Tatuaggi e trattamenti estetici effettuati in ambienti non adeguatamente sterilizzati sono la causa principale di contagio da virus dell’HCV nelle donne in età fertile e l’epatite C raddoppia il rischio di aborto, dimezza la fertilità e accelera la menopausa. È quanto emerge da uno studio condotto presso l'Università di Modena e Reggio-Emilia ed è un dato nuovo e preoccupante perché fino a qualche anno fa la maggior parte dei casi si verificava dopo i 50 anni, mentre ora mette a rischio la fertilità femminile. Se ne parla oggi nel corso dell’evento formativo ‘Special Populations’, organizzato da MCR Conference presso il Policlinico di Modena con il supporto incondizionato di AbbVie.

"In una piccola percentuale di casi, c'è una trasmissione sessuale, ma nella stragrande maggioranza il contagio è dovuto alla mancanza di sterilizzazione e pratiche igieniche nei trattamenti estetici come il tatuaggio, il piercing, la manicure ma anche il laser o i filler - dichiara Erica Villa, Direttore della Struttura Complessa di Gastroenterologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena nonché presidente dell'associazione Women in Hepatology - Il risultato è che le donne in età fertile che hanno contratto l’epatite C rappresentano oggi circa il 15-20% della popolazione affetta da questa malattia".

In Italia, l’epatite C riguarda circa 300.000 persone diagnosticate. In Emilia-Romagna si stima che le persone affette da epatite C siano tra le 100.000 e le 130.000 e che di queste solo 30.000 - 40.000 sappiano di esserlo. “In presenza di epatite C, lo studio condotto presso l'Università di Modena e Reggio-Emilia ha evidenziato che il rischio di perdere il bambino durante la gravidanza quasi raddoppia, passando dal 20-25% al 42%, mentre si dimezza la fertilità e aumenta il rischio di menopausa precoce - prosegue la prof.ssa Villa - L'insorgenza della menopausa determina poi un'accelerazione della progressione della fibrosi epatica, che nel giro di pochi anni può portare alla cirrosi, insieme a una veloce e irreversibile resistenza alla terapia.”

Quello dell'aumento di casi nelle donne in età fertile è solo uno dei temi di cui si tratta oggi nel corso dell’evento formativo ‘Special Populations’, che ha come punto di forza il confronto tra esperti dei centri di riferimento regionali per l’HCV e i medici delle strutture sanitarie del territorio per la condivisione di best clinical practice efficaci e sostenibili nella gestione del paziente con epatite C. In particolare, l’evento vede alcuni dei maggiori esperti dell’Emilia-Romagna fare il punto sulle “popolazioni speciali” considerate fino ad oggi non eleggibili o difficilmente trattabili con le terapie anti-epatite tradizionali come le donne in età fertile, l’anziano, il paziente trapiantato e il co-infetto HIV-HCV. Queste persone, la cui gestione può essere molto complessa a causa delle diverse tipologie di malattia, hanno necessità di protocolli dedicati di terapia, diagnosi e prevenzione e un efficace aggiornamento professionale degli operatori della sanità con l’obiettivo di migliorare la gestione del paziente con epatite C. Ora i ricercatori dell'Università di Modena e Reggio-Emilia stanno verificando se con il trattamento antivirale è possibile diminuire il rischio di abortività e rallentare la menopausa precoce.

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