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Cronaca

Collasso dell'argine del Secchia, nuovo studio Unimore “incastra” gli animali

Sarà discusso addirittura a San Francisco, California, il lavoro dei prof. Orlandini e Albertson, che amplia la relazione della commissione regionale sull'alluvione e la trasforma in dibattito scientifico

È stato pubblicato, sull’autorevole rivista scientifica Water Resources Research lo studio intitolato “Evidence of an emerging levee failure mechanism causing disastrous floods in Italy” che analizza le ragioni che hanno portato al collasso dell’argine del fiume Secchia con la conseguente alluvione di una parte del territorio modenese nel gennaio 2014. Autori dello studio sono il prof. Stefano Orlandini, il dott. Giovanni Moretti del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” di Unimore ed il prof. John Albertson della Cornell University di New York, collaboratore abituale nel gruppo di ricerca di idrologia e costruzioni Idrauliche di Unimore.

Non si tratta, è bene precisare, di un'altra indagine tecnica rivolata a determinare le cause del cedimento dell'argine di San Matteo – come per la commissione regionale appositamente nominata – ma di un approfondimento scientifico sui modelli e i metodi da utilizzare in materia, che parte proprio dal lavoro della Commissione nominata da Errani. Lo spiega bene lo stesso prof. Stefano Orlandini: “Al termine dell’opera svolta nel primo semestre del 2014 all’interno della Commissione regionale abbiamo sentito il bisogno di estendere le analisi e di confrontarci con la comunità scientifica internazionale sulla rilevanza del problema emerso e sui metodi utilizzati”. 

“La Commissione – ha spiegato il prof. di Unimore – voluta dal Presidente della Regione Emilia-Romagna aveva concluso che il collasso dell’argine del Secchia era stato causato dall’azione di animali selvatici quali l’istrice, il tasso e la volpe rossa. Questi animali, in un contesto di rapido cambiamento dell’uso del suolo e del clima, stanno migrando dalle aree appenniniche verso i territori della pianura padana trovando nei rilevati arginali i luoghi ideali ove scavare le loro tane. Lo studio dimostra come gli effetti della loro attività possano essere disastrosi. Il titolo del nostro lavoro esprime chiaramente come l’attenzione debba essere riposta con urgenza su un problema emergente che ha verosimilmente causato altre alluvioni in Italia. Ridurre il collasso dell’argine del Secchia a un mero problema di manutenzione, com’è stato fatto in diverse sedi, costituisce una visione scientificamente limitata e tecnicamente non esauriente”.

Lo studio pubblicato riconosce l’utilità di applicare metodi d’indagine geofisica per valutare lo stato degli argini e l’efficacia degli interventi di riparazione, ma illustra, soprattutto, attraverso la ricostruzione dei casi osservati sui fiumi Secchia e Panaro, come sia necessario e urgente avviare studi di carattere multidisciplinare, mirati a individuare le corrette pratiche di gestione della fauna selvatica e della sua interazione con le opere idrauliche di difesa. L’eco di questa ricerca ha fatto sì che al prof. Stefano Orlandini sia stato rivolto l’invito a presentare il suo lavoro (disponibile in formato open access alla pagina web: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/2015WR017426/full) il prossimo 16 dicembre 2015 a San Francisco, in occasione dell’American Geophysical Union Fall Meeting 2015.

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