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Cronaca Via 4 Novembre

"Rimetti a noi i nostri debiti": il doc che dà voce alla ripetitività degli "indignados"

Un documentario in chiaroscuro mette a nudo la frangia pacifica dei manifestanti del 15 ottobre scorso a Roma: le Officine Tolau danno voce agli indignati che, però, non riescono a distinguersi per originalità

Non è facile chiudere la finestra del browser del proprio pc dopo avere guardato i 46 minuti e 34 secondi di "Rimetti a noi i nostri debiti", il documentario sugli indignados del 15 ottobre romano delle Officine Tolau, il collettivo di giornalisti formato da Stefano Aurighi, Davide Lombardi e Paolo Tomassone. Non è facile perché si è combattuti da sensazioni contrastanti: da un lato c'è stato il tentativo di fare parlare chi ha preso parte al corteo pacifico ignorando gli episodi violenti che quel giorno colpirono la capitale, dando realmente voce a quel 99% escluso da ogni potere decisionale. Dall'altro, invece, c'è la domanda che nessun regista vorrebbe mai che frullasse per la testa del suo spettatore: "Tutto qui?". Questo perché nell'arco di tutto il documentario, per 35 minuti buoni, gli intervistati ripetono sempre le stesse cose su debito, banche, crisi e mala-politica.

COSA FUNZIONA - Il tempo passa e questa terza fatica documentaristica, dopo "Occupiamo l'Emilia" (doc sulla Lega Nord in Emilia Romagna) e "A furor di popolo" (doc sui grillini) consente alle Tolau di mettere in mostra le loro abilità dietro la macchina da presa con un buon montaggio, un sapiente utilizzo del file-footage (materiale d'archivio) e l'efficace accompagnamento della voce narrante di Giulia Bondi. Improbo il lavoro di raccolta che va dalla chiacchierata con il naturista (un manifestante completamente nudo) all'incontro con l'ex leader di Solidarnosc Lech Walesa ("Siamo cinque anni prima della rivoluzione d'ottobre"), passando per la registrazione di un discorso del fu presidente del Burkina Faso Thomas Sankara che, nel 1987, anticipò di almeno 20 anni le istanze e le argomentazioni di Beppe Grillo e degli "indignados". Coinvolgente la testimonianza di una donna da 26 anni in Italia che, a cavallo di precariato e disoccupazione, non riesce a sbarcare il lunario con due figli a carico.

COSA NON FUNZIONA - Come detto in precedenza, su 46 minuti di documentario ci sono 35 minuti di interviste a persone che, esprimendosi per la maggiore in modo sgrammaticato e in romanesco spinto, denunciano problemi e criticità che ogni giorno, da diversi anni, trovano spazio sui social network e sui blog. Alcune testimonianze strappano ampi sorrisi per la (poca) credibilità suscitata dagli intervistati: un hippie 60enne mutilato del lavoro disoccupato da 15 anni reclama la pensione di anzianità, ma evidentemente dispone di denaro sufficiente per coprirsi di tatuaggi; un militante del Pcdl arriva a proporre l'instaurazione di una dittatura del proletariato: "Bisogna rovesciare il capitalismo: non basta il voto, bisogna con la forza della sollevazione popolare instaurare un governo dei lavoratori". E via discorrendo con il consueto corollario di perle su crisi, signoraggio, default e multinazionali che ormai hanno perso ogni spinta di novità.

CONCLUSIONI - La parte più ficcante di tutto il documentario commissionato alle Tolau dal Forum nazionale del Pd "Nuovi linguaggi e nuove culture" è forse l'ultimissimo intervento di tutto il filmato. L'economista Paolo Ermano evidenzia la positività della mobilitazione civile, ma al contempo ricorda la dimensione utopica degli obiettivi degli indignados: "Da un certo punto di vista fanno sperare che possa cambiare veramente qualcosa, poi in realtà osservandoli dallo schermo del pc o durante il tg ti rendi conto che rimane il sogno di queste persone di cambiare le cose, ma rimane comunque un sogno. Perché io da lontano non sarà mai parte della loro comunità così come loro non saranno mai parte della mia, ed è un'utopia assurda credere che si possa condividere le stesse cose grazie ad uno schermo che ci collega. Siamo persone che condividiamo le stesse opinioni, ma non riusciamo ad agire insieme, ed è l'azione che fa la differenza". In definitiva, "Rimetti a noi i nostri debiti" può essere sì visto come un buon lavoro di sintesi della galassia indignata che i difetti del movimento italiano dell'indignazione nella loro nudità basati profondamente sul collante anti-berlusconiano proprio del Popolo Viola. In effetti, quali sono le differenze tra Popolo Viola e Indignati? Ma, soprattutto, che fina hanno fatto gli indignati stessi a distanza di tre mesi dai fatti di Roma? Questi quesiti, chissà, potrebbero servire da spunto per una nuova produzione delle Tolau.

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