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Cronaca

Contagio da sangue infetto in ospedale, una storia che non può più ripetersi

L’ Associazione provinciale dei donatori e il Servizio di Medicina Trasfusionale fanno chiarezza sulle trasfusioni di sangue infetto avvenute negli anni 80 e ora risarcite dallo Stato. “Oggi non si può più parlare di rischio trasfusioni”

E' di qualche giorno fa la notizia del risarcimento dovuto dallo Stato italiano ai pazienti infettati a causa di trasfusioni negli anni ‘80, intervengono il presidente AVIS Provinciale di Modena e il direttore del Centro Trasfusionale del Policlinico di Modena per fare chiarezza sul tema della sicurezza del sangue. 

“I risarcimenti dei quali oggi si parla sono relativi ad eventi accaduti negli anni '80 – afferma Maurizio Pirazzoli, presidente dell’AVIS provinciale – e riguardano quasi esclusivamente plasmaderivati importati dall’estero e prodotti con plasma di donatori a pagamento. Sono inoltre gli anni in cui una serie di patologie, come alcuni tipi di epatite, si sono affacciate su un sistema che non era pronto a contrastarle”. 

Oggi queste situazioni non possono verificarsi, o almeno questa è la speranza di tutti. L’inserimento di controlli mirati e sempre più affidabili, l'affinamento delle tecniche e delle procedure, apparecchiature innovative hanno inciso profondamente nell'aumentare la sicurezza. Un altro elemento poi ci consente di affermare che oggi il sangue è sicuro: in Italia la donazione è volontaria, anonima e gratuita. Dove la dazione del sangue (non si può parlare di donazione, ovviamente) è remunerata la persona può nascondere problemi di salute per non rinunciare ad una fonte di reddito, e questo aumenta fortemente il rischio. 

Inoltre la raggiunta autosufficienza consolida ulteriormente questa garanzia in quanto possiamo dire che tutto il sangue utilizzato è di donatori che rispondono alle stesse precise caratteristiche di idoneità. Sono tutti elementi che consentono di affermare che gli eventi accaduti negli anni 80 non possono ripetersi. 

“Tengo a precisare – conferma il dr. Giovanni Ceccherelli, direttore del Centro Trasfusionale modenese al quale il sangue viene consegnato – che il Servizio Trasfusionale di Modena è stato fra i primi negli anni ’80 ad applicare i controlli per prevenire il rischio di trasmissione dell’Hiv con trasfusione. Il livello di sicurezza è sempre stata la priorità e i controlli sono assolutamente stringenti. Ogni singola sacca di sangue è controllata e sottoposta a verifiche estremamente rigorose, nel rispetto di una normativa nazionale che ci consente di affermare che il sangue in Italia è garantito sia per qualità che dal punto di vista infettivologico. Casi come quelli denunciati negli anni 80 possono succedere se si abbassa la guardia su un sistema che oggi funziona e se si mette in pericolo l’autosufficienza nazionale. Il vero rischio può derivare dalla carenza di sangue. Per questo è importante investire sul lavoro delle associazioni e incentivare la donazione”. 

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