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Cronaca

Alluvione del Secchia, quattro anni dopo inchiesta ancora aperta. Tre indagati

I magistrati sono ancora al lavoro sul caso della rotta di San Matteo del gennaio 2014. La notizia ufficiosa vede protagonisti dell'indagine i vertici preoposti alla manutenzione del fiume. La Procura non conferma e non smentisce

Che ne è dell'inchiesta giudiziaria sulla drammatica alluvione del gennaio 2014, quando il fiume Secchia ruppe l'argine a San Matteo di Modena allagando campagne e paesi per molti chilometri quadrati? Una domanda che ricorre periodicamente da quando la Procura di Modena ha aperto un fascicolo sulla vicenda: dopo quattro anni, tuttavia, le risposte non sono ancora emerse. A specifica domanda, da almeno due anni a questa parte, il Procuratore spiega che i suoi uffici stanno ancora lavorando e che nulla può essere reso pubblico, trattandosi di un'inchiesta particolarmente complessa.

Qualche informazione è però trapelata, come riportato dall'edizione odierna de Il Resto del Carlino. Secondo il quotidiano locale i magistrati - titolare dell'indagine è il PM Pasquale Mazzei - starebbero procedendo per l'ipotesi di reato di disastro colposo. Tre sarebbero le persone indagate: il responsabile di Aipo e altri due funzionari preposti alla sicurezza dei corsi d'acqua.

Questa mattina il procuratore capo Lucia Musti, sorpresa della fuga di notizie, ha dichiarato: "Non confermo e non smentisco. Stiamo lavorando". Di certo c'è solamente che l'indagine esiste e che non è ancora conclusa, quindi la strada è aperta a tutte le possibili soluzioni: dalla richiesta di rinvio a a giudizio fino all'archiviazione.

I tempi non certo brevi con cui la Procura sta affrontando la sciagura di quattro anni fa, data per buona l'ipotesi di disastro colposo, dovrà chiarire due elementi fondamentali. Da un lato dovranno essere riconfermate le cause materiali che hanno portato alla rottura dell'argine a San Matteo, già esplorate in una relazione della commissione di inchiesta nominata dalla Regione nell'estate 2014. Dall'altro lato i magistrati dovranno individuare eventuali responsabilità sulla manutenzione e la vigilanza. Se vi sia stata, cioè, una negligenza da parte dell'ente preposto alla sicurezza dell'argine del Secchia, magari - ipotizziamo - per la mancata chiusura tempestiva di tane di animali che hanno indebolito il terrapieno.

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