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Economia Baccelliera / Strada Baccelliera

Moda, il marchio modenese Ann Max spegne 50 candeline

Traguardo significativo per l'azienda modenese. Enzo Colombini: «Cinquant'anni vissuti intensamente, durante i quali non abbiamo mai smesso di innovare»

Ann Max ha festeggiato, presso la propria sede di via Baccelliera, il suo Cinquantenario. «Cinquant'anni vissuti intensamente», sottolinea Enzo Colombini, fondatore dell'azienda, «perché nei primi 20 anni di questa avventura c'era da rincorrere una domanda che pareva insaziabile e poi sono intervenute, più volte, trasformazioni radicali, accelerate da una competizione globale agguerrita, che abbiamo potuto affrontare non smettendo mai di innovare e puntando sulla qualità delle produzioni».

Dal garage accanto all'abitazione (1967), al laboratorio di via Saluzzo (1971), passando per il primo stabilimento produttivo a San Damaso (1974) ed arrivando alla sede di via Baccelliera costruita su un'area PIP assegnata dal Consorzio Aree Produttive, la storia cinquantenaria di Ann Max è caratterizzata da trasformazioni non solo “fisiche”, con cui la proprietà ha assecondato evoluzioni organizzative, di processo e di prodotto.

Basti pensare alla prima svolta dei Pirenei, tessuto garzato, leggero e caldo, messo sul mercato dai Colombini negli anni '70 dopo mesi di studi e test di mercato e che diventa il cuore della produzione per giubbotti e felperia. Negli anni '80, con l'ingresso della seconda generazione, arriva una piccola rivoluzione: di pari passo con una radicale riorganizzazione commerciale messa in atto da Anna Maria Colombini, vien avviato il processo di informatizzazione aziendale. Voluto con forza da Massimo Colombini, consente di mettere a punto una regia unica di tutte le funzioni aziendali, riducendo così diseconomie, aumentando la produttività e la qualità dei capi.

Un ulteriore passaggio cruciale nella vita di Ann Max giunge, agli inizi degli anni '90, con la decisione dei Colombini di dare vita ad una produzione di maglieria. Il passo compiuto permette di aumentare con forza la penetrazione nei mercati esteri e di aprire le porte ad una successiva importante trasformazione, nella seconda metà degli anni '90: la produzione in proprio dei tessuti, per la quale si rendono peraltro necessari investimenti in macchinari e personale specializzato.

È la continua tensione dei Colombini a cercare nuove soluzioni e ad innovare, che conduce, nei primi anni del Duemila, alla scoperta di un prodotto – la lana cotta – che diviene il cavallo di battaglia delle produzioni di Ann Max. Sul finire del 2008 arriva una virata a 180°: viene aperto uno spaccio aziendale, i riscontri sono molto positivi ed allora la proprietà decide di lanciarsi nel mercato del dettaglio con una propria griffe: Maria Bellentani. Il brand, nel giro di pochi anni, genera in Italia ed all'estero un business in parte inaspettato, che oggi rappresenta l'80 per cento del fatturato di Ann Max.

«Un esempio virtuoso di impresa famigliare, forma proprietaria troppo spesso criticata da ampi settori sia della letteratura economica sia dell'establishment politico-istituzionale», commenta l'economista Franco Mosconi nella prefazione del libro confezionato per l'occasione dal giornalista Alberto Crepaldi “ANN MAX. Cinquant'anni di una 'grande famiglia'. La forza di Ann Max, riporta l'autore, è stata anche quella di aver concepito l'organizzazione come, appunto, una 'grande famiglia: “una piccola comunità, più che una un'impresa fatta da rigide gerarchie”. E che progressivamente sarà presa sulle spalle della terza generazione, entrata in Ann Max negli ultimi anni.

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