rotate-mobile
Economia

Smartphone, droni e robot: anche i vigneti diventano hi-tech

Il punto insieme ad Unimore sulle nuove tecnologie applicate al comparto vinicolo. Con un click sarà possibile prevedere quando l'uva sarà pronta per la vendemmia

Da un dispositivo che analizza l'uva e ne invia i dati tramite smartphone consentendo di "stimare" quando sarà pronta per la vendemmia, a robot e droni per monitorare i vigneti. Passando per sensori che, in cantina, tengono sotto controllo i principali indicatori del processo di vinificazione e processi che recuperano gli scarti di produzione e li trasformano in bioplastiche e materiali per l'edilizia. Sono alcuni degli avveneristici scenari già oggi aperti per la filiera vitivinicola emiliano-romagnola del futuro: più sostenibile, efficiente e tecnologica. Si tratta infatti di alcuni dei primi risultati, al momento sperimentali e di prototipo, ottenuti nell'ambito del progetto di ricerca "Sostinnovi, sostenibilità e innovazione nella filiera vitivinicola", presentati martedì scorso in un workshop al Tecnopolo di Reggio Emilia. 

A fare gli onori di casa, Biogest Siteia, il centro di ricerca interdipartimentale per il miglioramento e la valorizzazione delle risorse biologiche agro-alimentari dell'Università di Modena e Reggio Emilia, diretto dal professore Andrea Antonelli, capofila della rete degli enti coinvolti nell'iniziativa. Il progetto Sostinnovi, partito ad aprile del 2016 e destinato a concludersi a marzo del 2018 vede nello specifico interessati altri quattro laboratori accreditati con Aster la rete Alta tecnologia della Regione: Intermech, Ciri Agro, Siteia Parma, e Crpv Lab. Finanziata con circa 800.000 euro provenienti da risorse europee, la ricerca coinvolge anche una serie di aziende, che cubano l'80% della produzione vinicola regionale come Caviro, Cantine Riunite & Civ, Gruppo Cevico, Cantina Sociale San Martino in Rio ed Emilia Wine.

"Siamo a metà del progetto Sostinnovi che valuta la sostenibilità di tutta la filiera vitivinicola, dalla vigna fino alla produzione del vino e soprattutto alla gestione degli scarti", spiega Antonelli. "Dal punto di vista della vigna si fa un monitoraggio con strumenti innovativi come droni e smartphone per determinare il grado di maturazione dell'uva senza ricorrere a tecniche analitiche di laboratorio, ma per avere in campo, con una foto mandata 'in cloud' un'idea della bontà dell'uva". Un operatore dunque "va nel vigneto con una camera costituita da uno smartphone con la sua telecamerina e un piccolo alloggiamento illuminato con dei led. Introduce degli acini d'uva in un cassettino e la macchina fa una foto, la spedisce in cloud e poi interviene un algoritmo che, in base a tutta una serie di analisi fatte in precedenza per tarare il sistema, è in grado di dire grosso modo il livello di maturazione, il contenuto di sostanze fenoliche e quindi se l'uva incomincia ad essere pronta per la raccolta", esplica il professore. 

Così, quindi, "si evita di fare continue ispezioni in campo perchè basta una sola persona con un telefonino e poi al momento giusto si interviene". Sempre "sul terreno", continua il direttore, "con i droni si fa un monitoraggio ad ampio raggio, utilizzando appunto droni in volo e robottini a terra che riescono a dare una visione quasi pari a quella di un'operatore umano". Non è tutto: "In cantina- prosegue Antonelli- operiamo sul controllo e la gestione dell'impatto ambientale, ricorrendo a tecniche a minor consumo energetico e di eliminazione, per quanto possibile, di allergeni come ad esempio l'anidride solforosa (uno dei componenti chimici più discussi e detestati in enologia, ndr)".

A seguire "c'è tutta la gestione dei sottoprodotti degli scarti del vigneto: residui di potatura e della vinificazione, come le feccie e le parti solide dell'uva, i graspi e le vinacce". Elementi che vengono utilizzati in due modi: uno è il biochar "cioè una sorta di carbonella di legna da cui si ricava energia elettrica sottoforma di calore, mentre quello che resta di questo biochar è un ammendante, un fertilizzante del terreno, che contiene tutti gli elementi o meglio i metalli della fertilità che possono venire restituiti al terreno con un risparmio di costi di fertilizzanti e di riciclo di materiali tutto sommato pregiati". Il tutto con "sottrazione di co2 nell'atmosfera". Inoltre gli scarti dell'uva possono essere utilizzati come 'riempimentò per la produzione di materiali plastici utilizzando resine convenzionali però con un risparmio di questo materiale. 

"Da ultimo- sottolinea ancora Antonelli- c'è la gestione del processo fermentativo con tecniche in remoto, per cui dalla vasca parte un segnale che dice quanto è piena la vasca stessa e altre indicazioni utili al processo". Insomma, sottolinea il coordinatore del progetto, "l'idea è quella di portare una buona dose di innovazione in tutti gli aspetti della filiera. La vocazione del nostro laboratorio è quella di interfacciarsi con le realtà produttive. Ora abbiamo contatti con 5 tra i più grandi produttori enologici della regione, ma nella prosecuzione di questo lavoro vorremmo coinvolgere anche piccole cantine con produzioni eccellenti perchè i sistemi che siamo riusciti a sviluppare sono applicabili a grandi realtà industriali ma anche ad aziende con produzioni più modeste". A questo proposito nell'incontro al Tecnopolo sono stati calendarizzati incontri con diverse realtà produttive.

(DIRE)

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Smartphone, droni e robot: anche i vigneti diventano hi-tech

ModenaToday è in caricamento