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Disoccupazione, cresce il dramma degli over 55 senza lavoro

Ancora senza i requisiti per la pensione, ma lasciati a casa dalle aziende in crisi per l'età anagrafica troppo onerosa: è il calvario di un numero sempre maggiore di lavoratori modenesi. Mentre i disoccupati in provincia salgono a 30mila

I dati sulla disoccupazione sono continuano a crescere e a mostrarsi sempre più preoccupanti anche nella “benestante” e “produttiva” provincia di Modena: la Cgil stima in circa 30mila le persone in cerca di occupazione, cioè il 10% della forza lavoro se si considerano anche le persone scoraggiate che il lavoro non lo cercano più. Se ai 30mila si sommano poi i circa 5.700 coinvolti in procedure concorsuali/fallimenti (che presumibilmente preludono ad una chiusura aziendale), il dato aumenta ancora. 

Fra disoccupati e inoccupati, certamente i giovani sono tanti, circa il 30-35% (stime Cgil Modena), ma anche il fenomeno dei disoccupati-adulti, è certamente crescente e preoccupante. Anzi, per molti tratti assolutamente drammatico. Infatti, sono sempre di più le persone ultra 50enni e ultra 60enni che si rivolgono in queste settimane agli uffici della Cgil di Modena perché hanno perso il lavoro e sono però ancora troppo giovani per avere maturato i requisiti per la pensione. In particolar modo, le donne risultano danneggiate dalle ultime riforme pensionistiche che hanno ristretto i diritti di accesso. 

“Assistiamo ad un afflusso inedito, sempre più numeroso di persone con carriera lavorativa avanzata, espulse dalle aziende spesso a causa della crisi - dice Tamara Calzolari responsabile welfare Cgil Modena – e che per effetto del sommarsi degli effetti delle ultime riforme pensionistiche trovano sempre più ostacoli ad accedere alla pensione stessa”. Alle prime difficoltà, le aziende tendono infatti a liberarsi dei lavoratori che costano di più, ovvero quelli con maggior anzianità, che si ritrovano così espulsi e faticano maggiormente a ricollocarsi, a re-inventarsi una professionalità, “a maggior ragione nella giungla dei contratti precari e flessibili che non hanno mai conosciuto prima nella loro esperienza lavorativa” puntualizza Monia Auricchio di Nidil/Cgil. 

“Spesso ai presentano ai nostri sportelli – continua Calzolari - lavoratrici nate negli Anni Cinquanta, soprattutto nel 1956 e 1957, che hanno avuto la maggior penalizzazione e che, anche volendo utilizzare la cosiddetta “opzione Donna” per andare in pensione anticipatamente con la decurtazione, hanno però la strada sbarrata dall’ulteriore interpretazione restrittiva dell’Inps. Ci raccontano storie di disperazione vissute in solitudine, si sentono abbandonate dalle istituzioni, c’è chi arriva a minacciare gesti estremi, pensieri brutti – aggiunge – e spesso anche per noi sindacalisti diventa difficile motivare le persone a reagire”. 

Fra gli stessi esodati, le donne sono infatti quelle con maggiori penalizzazioni, quindi è fondamentale che il Governo assuma la rivendicazione di sindacati e comitati come priorità, e che il Parlamento completi l’iter legislativo dei provvedimenti licenziati in Commissione Lavoro per l’estensione delle salvaguardie per queste persone. Di fronte a questo allarmante fenomeno, i sindacati lamentano anche il fatto che l’Inps ancora non fornisca dati definitivi, nonostante le sollecitazioni. Ma burocrazia a parte, in fondo al tunnel è ancora buio pesto.

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