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L'opinione | L'economia ferma fino a maggio? Sani e disoccupati

Il dado è tratto, avremmo detto millenni fa, ma il significato rimane lo stesso e il Rubicone è diventato il 3 maggio

E' chiaro, il Governo ha deciso che è più importante mettere in sicurezza la salute degli italiani, che pensare almeno un minimo all'economia. A dirlo espressamente, prima ancora del presidente Conte, è stato  il Ministro degli Affari Regionali Boccia, che ha dichiarato: "Con la salute a rischio non c'è economia". Peccato che il Governo si sia dimenticato di dire che la sanità pubblica è pagata dall'economia, che la cassa integrazione è pagata dall'economia, che il reddito di cittadinanza è pagato dall'economia, e che persino lo stipendio dei funzionari pubblici è pagato dall'economia. L'economia paga la salute, e senza l'economia non c'è salute.

La prof.ssa Nerina Dirindin nel suo libro "Salute ed Economia", il saggio di economia sanitaria più noto in Italia, spiega: "L’incidenza della spesa sul Pil è cresciuta nel corso degli anni, passando da valori appena inferiori al 4% agli inizi degli anni ’60 ad un valore stabile intorno all’9%, inferiore a quello dei principali Paesi con sistemi sanitari avanzati. La spesa sanitaria pubblica è in Italia intorno ai 114 miliardi di euro, circa 1.900 euro per abitante. A tale ammontare si aggiunge la spesa privata stimabile in circa 40 miliardi, intorno ai 650 euro pro capite."

I numeri sono chiari, così come sono molto chiari i numeri sul PIL previsto nei prossimi mesi. Confindustria aveva previsto un -6% del PIL 2020 se le aziende fossero ripartire a Maggio, e se fossero vero parliamo di 128 miliardi di euro persi. Tuttavia, questo dato potrebbe essere anche ottimista, perché Confindustria sembra quasi acclamare per certo che gli investimenti si ridurranno di 10,6 punti percentuali e che i consumi delle famiglie del 6,8%, e l'export -5,1%.

Per chi non avesse studiato economia deve sapere che il calcolo del PIL avviene sommando quattro indicatori ovvero i consumi, gli investimenti privati, la spesa pubblica, le esportazioni e le importazioni. L'elemento più debole di questo calcolo è proprio la Spesa Pubblica che nel nostro caso è gestita da una Pubblica Amministrazione il cui indebitamento aumenta e con un tasso di soccupazione che per lo meno Confindustria prevede diminuirà di 2,5% punti percentuali. E ovviamente in quella spesa pubblica sono compresi quei 114 miliardi di euro che lo stato investe per la sanità, che come spiega la prof.ssa Dirindin è inferiore alla media dei Paesi avanzati.

Pertanto bisogna prendere atto che ogni giorno che un'azienda rimane chiusa, non solo riduce il proprio fatturato annuo, e quindi di conseguenza il PIL e quindi di conseguenza la possibilità di sostenere la Spesa Pubblica, tra cui anche la Sanità, ma anche rischia di chiudere. E questo fatto non fa molto ben sperare dato che in Italia il saldo tra aziende che aprono e aziende che chiudono è leggermente positivo e basta pochissimo per passare dall'altra sponda del fiume. 

La domanda pertanto che dovremmo porci è: una via di mezzo non esiste? Siamo sicuri che per salvare la salute in realtà non mettiamo a rischio il sistema sanitario?

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