A Vignola Valerio Massimo Manfredi interviene sull'uso dei colori nel'antichità classica
Lo scrittore-archeologo Valerio Massimo Manfredi ricostruisce e racconta “L’uso dei colori
nell’antichità classica”
Martedì 8 settembre 2015, alle ore 21,00, presso la Rocca di Vignola (Piazza dei Contrari 4) ,
terzo appuntamento del programma previsto e organizzato in occasione dell’inaugurazione
della rinnovata-restaurata torre del Pennello e della mostra Tracce in luce: lo scrittorearcheologo
Valerio Massimo Manfredi (presidente della “Fondazione di Vignola”)
ricostruisce e racconta (con anche il supporto di immagini a colori) uno dei temi di maggiore
interesse e spessore storico-artistico “L’uso dei colori nell’antichità classica”.
L’incontro con il Professor Manfredi è voluto e organizzato dalla “Fondazione di Vignola”,
con il patrocinio dell’” UNESCO – International Year of Light 2015” e di MiBACT –
Segretariato Regionale per l’Emilia-Romagna- , con il contributo di “ BPER: Banca”, “Gruppo
HERA”, “CMS. Costruzioni meccaniche” e “Toschi Vignola”.
L’incontro, introdotto e concluso dallo scrittore-archeologo Valerio Massimo Manfredi, sarà
arricchito dalla proiezione del documentario “archeologico” “Sulle tracce dei colori
scomparsi”, che coniuga il rigore scientifico con la spettacolarità delle immagini “ che fanno
rivivere statue, bassorilievi e architetture dell’antichità classica. La presenza di Valerio
Massimo Manfredi è a titolo gratuito.
“Calata la sera”, seguono le videoproiezioni delle decorazioni quattrocentesche sulle
facciate della Rocca.
E’ prevista la presenza del Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini.
L’ingresso è libero.
Valerio Massimo Manfredi così presenta il suo intervento su L’uso del colore nell’antichità
classica: “Nel ‘700 il fondatore dell’archeologia moderna Johann Joachim Winckelmann (che
è stato anche bibliotecario del Cardinale Alessandro Albani e Prefetto delle antichità di
Roma) si era fatto un’idea dell’antichità classica tutta bianca, di una purezza straordinaria.
In verità l’antichità classica era variopinta perché il sole del Mediterraneo crea un effetto
abbagliante su una superficie bianca e quindi si perdono i contorni, si perdono le forme delle
figure. In realtà. Si trattava di figure tutte colorate. Erano a colori le metope dei templi, cioè
le formelle scolpite che adornavano gli architravi sopra le colonne. Erano dipinti anche i fregi
che circondavano le celle del templi. I fregi erano una banda scolpita continua che circonda
la cella dei templi. La parte più interna che conteneva la statua di culto. Erano a colori anche
le statue: sia quelle di bronzo, che avevano degli inserti in rame per le labbra, di argento per
i denti, a volte addirittura inserti di piombo come sul volto del pugile delle Terme, a simulare
un ematoma. I greci, per primi, hanno rappresentato un mondo a colori, nell’antichità
classica. Poi si coloravano anche le statue di marmo ma questo uso veniva dalle statue e dai
fregi più arcaici, che erano di terracotta e di cui abbiamo numerosissimi frammenti con i
dipinti originari. Questo uso passò poi anche agli etruschi e ai romani: un’antichità classica a
colori molto vivaci, che venivano costantemente ritoccati, ridipinti”
“Alla domanda “Lei è considerato uno dei massimi maestri della rivisitazione della storia,
delle storie e delle vicende umane del passato. Cos’è per Lei la storia? Ci ha risposto” La
Storia è il tentativo dell’umanità intera di costituire una memoria comune. Come obiettivo
primario ci si propone di avvicinarsi il più possibile alla verità , ben sapendo che la verità è
un concetto astratto e e dunque virtualmente impossibile da raggiungere.. E’ un cantiere
aperto 24 ore su 24. Mentre parliamo ci sono studiosi che cercano di capire la verità
dall’altra parte del mondo”