AltreVoci Ensemble diretto da Carlo Boccadoro presenta "Nuovi Canti"
L'ultimo concerto della rassegna MusicaFuori, Nuovi Canti, sabato 13 gennaio al Teatro Fondazione S. Carlo (via S. Carlo, 5), alle ore 17.30 vuole essere un omaggio alla giovane avanguardia italiana. L’unico breve sguardo al panorama estero è dedicato alla musica di Haas. Una musica la sua che, in questo caso, si ispira ai canti antichi con l’intento di non dimenticare un trascorso molto presente.
Red Music, di Andrea Portera. Il brano fu commissionato da un festival che ospitava Rostropovich, nel 2008. Io pensai di scrivere un trio ispirato al grande musicista ma soprattutto al mondo russo del primo novecento, che ha avuto su di me un forte ascendente. Nacque il Trio Rosso, per violino, cello e piano (interpreti Borrani, Dillon, Fossi) che divenne la prima opera del progetto che racchiuderà sette trii, ciascuno ispirato a un colore, sia percettivamente che ideologicamente (attualmente esiste già il trio orange, il trio blu e il trio giallo). Quindi, considerando che "Rosso" per me è energia e mondo culturale russo, il neo quintetto è stato intitolato Red Music, internazionalizzando con l'inglese il titolo.
Il "senza titolo" , dedicato a Rostropovich, usa il nome di certe tele di Kandisnkij, appunto identificate con "senza titolo numero etc...". Il brano alterna stati d'animo diversi, a volte contrapposti. Proprio nella contrapposizione del chiaro e dell'indefinito si realizza il messaggio musicale, teso ad esprimere l'evocazione di qualcosa che non c'è più, presente in forma ectoplasmatica, senza intendere i fenomeni musicali come un travestimento in stile. Carillon è un omaggio a Sostakovich. Attraverso la contrapposizione di ordinari arpeggi minori, ma su armonie dissonanti, si evoca (non imita) l'incertezza d'intonazione di un carillon, che malinonicamente genera, nel tempo concesso della sua carica, un limbo di ricordi, calmo e regolare, dove appaiono immagini sfuocate e nostalgiche.
Come dura pietra, di Filippo Perrocco, lavoro commissionato da Sentieri Selvaggi nel 2014, è costruito su un pacchetto limitato di suoni (sei per la precisione) che creano una sorta di cantus firmus, dilatato e ridondante. All'inizio del brano queste note appaiono una alla volta creando dei poli, delle stanze sempre più piccole. Si genera lentamente un continuum, un carillon nascosto fino al congedarsi con una ciclica cantilena. Da diversi anni lavoro con l'idea del timbro eroso; la maceria/detrito, la nenia, la precarietà sono riferimenti e stimoli che ricorrono costantemente nel mio processo di scrittura. Da qui deriva l'esigenza di creare delle soluzioni acustiche di suono buzz, frastagliato, leggermente ruvido attraverso preparazioni (quella del pianoforte e del vibrafono) e semplici risonatori (come le sordine degli archi) per raggiungere un timbro velatamente distorto, fluttuante e provvisorio.
Re – Wind, di Virginia Guastella. La parola inglese “rewind” significa riavvolgimento, movimento a ritroso, ripetizione. Il prefisso “re” è separato dal resto della parola con un trattino per mettere in risalto, già nel titolo, l'azione di un evento musicale che può ricorrere e ripresentarsi lungo tutto l'arco dell'opera, ma in maniera latente grazie ad un sistema articolato di varianti e variazioni. Il principale artificio stilistico si basa sulla costante ed esplicita intenzione di eludere il senso di ripetitività. Il quartetto trova la sua coerenza formale nello sviluppo dei procedimenti elaborativi ai quali sono sottoposti i materiali impiegati e condivisi dalle quattro linee strumentali, in particolare alcuni rapporti intervallari ed un sistema di altezze di riferimento.
Architetture del canto e del silenzio, di Federico Gardella. La musica, come arte del tempo, è una metafora della vita: ci ricorda che non è possibile tornare indietro, che ogni istante è unico. Come accade nella vita, anche nella musica, però, è possibile rendere presente ciò che è già accaduto: questa possibilità è la memoria. E così la forma di una composizione riflette questa possibilità attraverso l’organizzazione delle proprie strutture, in una continua dialettica tra l’invenzione del nuovo e la predisposizione al ricordo. La prospettiva di Architetture del canto e del silenzio (per ensemble) è, però, diversa: mi sono chiesto cosa sarebbe la musica se, invece che una narrazione, la sua struttura venisse pensata in analogia con l’osservazione di uno spazio architettonico; si tratta di immaginare uno spazio sonoro in cui tutto è già presente dal principio, in cui il concetto di sviluppo dei materiali musicali viene sostituito dall’idea di una forma “sincronica”, luogo del silenzio come possibilità del canto, appunto. La struttura si articola, qui, in “stanze”, che sono luoghi della forma, ma anche spazi di risonanza in cui costruire un’idea di canto sul bordo del silenzio.
Appuntamento
Sabato 13 gennaio 2018, h 17.30 Teatro Fondazione San Carlo, via San Carlo, 5
Ingresso €15
Programma
Federico Gardella - Architetture del canto e del silenzio per flauto, clarinetto, pianoforte, violino, violoncello
Filippo Perocco - Come dura pietra, per ensemble
Virginia Guastella - Re-WInd, per flauto, clarinetto, pianoforte, violoncello
Andrea Portera - Red Music, per flauto, clarinetto, pianoforte, violino, violoncello
Armando Gentilucci - Le Clessidre di Durer, per clarinetto, pianoforte, violino, violoncello
Niccolò Castiglioni - Daleth, per clarinetto e pianoforte
George Frederic Haas - Tria ex uno, per ensemble
AltreVoci Ensemble
Flauto, Laura Bersani
Clarinetto, Martina De Falco
Percussioni, Paolo Grillenzoni
Pianoforte, Luca Benatti
Violino, Stefano Raccagni
Violoncello, Anna Freschi
Direttore, Carlo Boccadoro