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Cultura

Festival della Filosofia si interroga su arte come tecnica, lavoro e opera dell'uomo

Nelle piazze e nei cortili del festival si discuterà della radice comune delle arti e delle tecniche, di lavoro e opera, dell'estetizzazione del mondo e dei suoi significati, nonché delle trasformazioni nella figura degli artisti e degli artefici

Il tema arti del Festival della Filsofia 2017 intende mettere a fuoco una questione rilevante della nostra epoca, segnata da una pervasiva presenza di prodotti ed esperienze ad alto contenuto estetico. Affrontando come di consueto le proprie questioni da una debita distanza prospettica, il programma esplorerà la radice comune e talora sottovalutata delle arti e delle tecniche, che si manifesta negli oggetti “fatti ad arte”, con la maestria che accomuna artisti e artigiani in tutti i campi del produrre, anche quelli ad alta tecnologia.

Si indagherà il carattere artificiale non solo delle opere, ma della stessa umanità nell'epoca in cui le biotecnologie permettono la manipolazione e riproduzione della vita. Strutturato per gruppi di questioni, il programma filosofico (realizzato con il contributo di Michelina Borsari) porterà pertanto in primo piano un lessico concettuale a più voci dove si confronteranno prospettive filosofiche plurali e anche divergenti. Tale programma si animerà secondo sei sottocategorie di argomenti: 
       
Tecnica, fare l'umano. La prima pista affronta in modo diretto la radice comune smantica e concettuale delle arti e delle tecniche (ars non è che la traduzione del greco techne). Al centro è posta la costruzione dell'umano, intesa come primo grande terreno in cui si realizza una "messa in opera", si rende ben visibile nel prisma del corpo, per poi arrivare alla costruzione di corpi ultra-artificiali, in cui precipitano non solo proiezioni di desiderio ma anche sperimentazioni sull'antropomorfismo di cui si giova la ricerca robotica, dedicherà il suo intervento Agnès Giard, antropologa e ricercatrice affiliata al Sophiapol (Université Paris-Nanterre).
     
Il Lavoro.
Il secondo terreno di analisi riguarda in modo diretto la questione del fare che discende dall'orizzonte tecnico, imperniandosi sul lavoro e sulla manipolazione del mondo.  Sarà Rahel Jaeggi, esponente di punta dell'ultima generazione della Scuola di Francoforte, a far vedere come il lavoro non sia riducibile a una semplice azione strumentale, ma si carichi sempre di significati e pratiche di riconoscimento su cui si fonda l'identità sociale di ciascuno in quanto artefice, mentre Carlo Sini mostrerà come non vi sia sostanziale differenza tra lavoro e conoscenza, in quanto fin dall'attività tattile e manipolatoria l'umano connette il fare con l'intelligenza. Mentre, con Remo Bodei si misureranno le conseguenze dei processi di automazione e i nessi che legano la produzione macchinistica alla conoscenza e creatività umana.

Opera. La terza pista è dedicata a discutere come i prodotti acquisiscano talora un'autonomia che travalica la nozione di lavoro in quanto tale, configurando un mondo delle cose che sfugge ai loro autori, come anche nel caso emblematico del "passaggio alle arti". Prima tra le opere è quella compiuta dall'operare divino nella creazione di maschio e femmina a propria immagine e somiglianza che è divenuta pietra di paragone della creazione artistica, seguita dall'opera non solo per la via del processo creativo del singolo autore, ma anche per il contesto di significati che le culture stabiliscono. James Clifford, eminente antropologo e professore all'Università della California a Santa Cruz, mostrerà come gli artefatti abbiano una loro carriera che dall'uso li porta nel tempo a divenire oggetto di collezione e quindi opera d'arte. Come si riconosca un'opera e in base a quali convenzioni si parla di “oggetto artistico” sarà il tema dell'intervento di Roberto Casati.

Trasformazioni dell'artista. La quarta pista si concentra sul passaggio dalla figura dell'artista produttore a quella tipicamente contemporanea dell'artista costruttore di sé. Il contesto teorico in cui si consuma questa trasformazione è quello della "fine dell'arte", esaminata da Massimo Cacciari, in cui la dimensione del fare sembra esaurirsi a vantaggio di una modalità riflessiva che pare rendere superflua perfino la rappresentazione sensibile. Nathalie Heinich mostrerà come in epoca contemporanea si sia determinato un passaggio dall'opera alla personalità, per cui l'esemplarità biografica precede sempre quella "professionale".
       
Estetizzazione del mondo. La quinta pista parte dalla constatazione che la società capitalistica avanzata si contraddistingue per produrre e diffondere beni estetici su grandissima scala, facendo slittare la ricerca della bellezza entro la progettazione degli accessori e modificando così in modo radicale il senso stesso dell'arte. Brunello Cucinelli testimonierà la fusione tra estetica e mestieri che conduce alla valorizzazione del "fatto su misura" su cui si gioca il futuro del Made in Italy, mentre Armando Branchini mostrerà come la configurazione stessa dei luoghi dello shopping indichi un'affinità stretta tra negozio e galleria d'arte. Maurizio Vitta, invece, farà vedere come i prodotti siano ormai resi scintillanti fin dal loro imballaggio, perché il packaging è una pelle su cui si gioca la seduzione estetica. Deyan Sudijc, Direttore del Design Museum di Londra, si accosterà al tema del lusso per mostrare come esso non indichi più prioritariamente un'ostentazione di privilegi, ma tenda a rispondere a esigenze individuali che oltrepassano i codici sociali. 

Luoghi dell'artificiale. L'ultimo scenario sarà dedicato ai luoghi delle arti e dell'artificiale partendo dai due contesti fondamentali in cui si determina la messa in forma e la messa in opera, ovvero la città, che con la sua conformazione incarna il paesaggio essenziale delle relazioni umane (ne discuterà Francisco Jarauta soffermandosi sulle sue trasformazioni), e la scena del teatro, da cui emerge il nesso stretto tra rappresentazione e dinamiche comunitarie, nonché la dimensione eminentemente scenica delle biografie di ciascuno (ne parlerà Luciano Canfora).  Gianfranco Maraniello si soffermerà viceversa sulle trasformazioni del museo, da luogo unicamente di conservazione a piattaforma che risente delle modalità allestitive e operative dell'arte contemporanea.  Interrogandosi sull'insegnabilità delle arti e sul nesso stretto che lega creazione e forme di vita, Massimo Carboni darà una lettura dell'Accademia, intesa come luogo a un tempo istituzionale e metaforico in cui si incontrano il "come si fa" e l'esercizio di vita.
       

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