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"Pasqua, vittoria della giustizia sulla corruzione", il messaggio dell'Arcivescovo di Modena

Una riflessione che parte dalla morte del filosofo greco Socrate, passa attraverso la morte e risurrezione di Cristo per arrivare alla "buona Pasqua" dei giorni nostri. Questo il messaggio integrale del vescovo Erio Castellucci per la Pasqua 2018

I personaggi decisivi della storia hanno coltivato grandi sogni e non hanno mai cercato facili scorciatoie per realizzarli, per quanto le avessero a portata di mano. Sapevano che i sogni grandi richiedono sacrifici grandi e se necessario anche la vita. Il filosofo greco Socrate (+399 a.C.), condannato a morte ingiustamente dallo stato ateniese con l’accusa di essere un cattivo maestro, avrebbe potuto scegliere l’esilio come pena alternativa; una volta in carcere non sarebbe stato difficile evadere, dato che i suoi discepoli avevano corrotto le guardie ed erano pronti a farlo uscire; egli accetta invece di subire la pena capitale, per non favorire il disprezzo verso lo stato. L’ingiustizia di una condanna iniqua, per Socrate, non si cancella con un’altra ingiustizia, come la corruzione, ma si combatte con la persuasione e il ragionamento.

Migliaia e migliaia di profeti, lungo la vicenda umana, hanno pagato per i loro sogni di onestà, giustizia e pace: sono le vittime della corruzione e della guerra, della violenza dagli infiniti volti e della sopraffazione che opprime e uccide. Sono molte, ancora oggi, le “mafie” che intimidiscono, minacciano, corrompono, colpiscono e uccidono. Si annidano a tutti i livelli: come ai tempi di Socrate colpirono non solo lo stato e i giudici, ma anche i discepoli, così oggi possono colpire sia coloro che detengono il potere politico, economico, sociale e religioso, sia le persone del popolo. Non illudiamoci di esserne esenti, perché la corruzione e l’ingiustizia sono piantate nel cuore umano e non sono incapsulate in qualche recinto geografico. Un altro profeta, Gesù, disse chiaramente che il male non entra nell’uomo dall’esterno, ma esce dal suo cuore (cf. Mc 7,21).

Un profeta, il Cristo, che provò sulla sua pelle che cosa significa essere vittima di ingiustizia e corruzione. Il suo annuncio dell’amore venne ripagato con l’opposizione, il sospetto e l’odio. La risposta al perdono che predicava e praticava fu l’emarginazione violenta. Ai miracoli con i quali anticipava la giustizia del regno futuro corrispose un processo sommario con sentenza di morte vergognosa. Attorno a Gesù si formò una rete di accuse diffamatorie, alimentate ad arte dai suoi detrattori; si costruì un sistema corrotto, sulla base di tradimenti e somme di denaro; il suo processo fu persino l’occasione per cancellare l’inimicizia tra le due massime autorità, Erode e Pilato, che da allora diventarono nuovamente amici (cf. Lc 23,12) riallacciando un legame interessato. La croce di Gesù sembrava, come la cicuta di Socrate, la fine di un grande sogno, l’ennesima lapide posta sopra l’illusione dell’ennesimo profeta, il consueto successo dei carnefici sulla vittima. Se la storia fosse terminata con la croce, non saremmo autorizzati ad alcuna speranza.

La luce esplosa al mattino di Pasqua, come un’inattesa supernova, segna l’avverarsi del sogno, l’affermazione del bene, il trionfo della vita. La risurrezione di Gesù, che lo rivela Figlio di Dio, dà senso anche al sacrificio di Socrate e degli innumerevoli profeti della storia. Il lampo della sua vittoria sulla morte solca la tenebra dell’ingiustizia e della corruzione. La Pasqua è l’annuncio che nessuna “mafia”, nessuna alleanza insana e malata, nessuna intimidazione e corruzione, potrà prevalere. Nemmeno una goccia del sangue delle vittime andrà perduta; nemmeno una goccia del sudore di chi ogni giorno si impegna per la libertà, l’onestà e la pace, cadrà invano.

Sarà una “buona Pasqua” se faremo morire tutti i germogli di violenza, corruzione, intimidazione, degrado e connivenza piantati nel nostro cuore, inseriti nelle nostre relazioni affettive e professionali, innestati nella comunità cristiana, sociale e politica. E se daremo nuova vita ai germogli di bene, accoglienza e mitezza che già abitano nel nostro intimo, ma che sono a volte soffocati dagli egoismi e dalle chiusure.
 

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