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Francesco d'Agostino alla ricerca del giusto testamento biologico

Il professore di diritto all'Università di Roma Tor Vergata sarà alle 18 a Sassuolo in piazza Garibaldi per discutere di biodiritto e delle questioni che legano la giurisprudenza e la vita

Un tema tanto delicato quanto attuale quello che andrà ad affrontare, oggi pomeriggio alle 18 in piazza Garibaldi a Sassuolo, Francesco d'Agostino, docente di diritto all'Università di Roma Tor Vergata: "Biodiritto", approfondendo in particolar modo tutte quelle tematiche che legano la giurisprudenza e la vita, e da qui inevitabile il passaggio al Testamento Biologico.

"Ogni tematica bioiguridica - spiega D'Agostino -  se analizzata da vicino, si rivela qualificata dalla presenza di soggetti deboli che vanno tutelati dal dirtitto, perché molte volte la loro debolezza non appare ma è lì che il buon giurista deve tendere: nel testamento biologico, molti costruiscono un'immagine giuridica del testamento biologico mettendo da parte la fragilità persona, immaginando che il firmatario del testamento sia testamento sia un individuo pienamente capace di intendere e volere, mentalmente lucido e altamente informato della malattia e del fine vita, senza problemi economici e vincoli familiari, una sorta di modello di uomo illuministico guidato solo dalla forza della sua ragione, ma non è così in realtà. Le dinamiche del fine vita, tranne casi rarissimi, sono quelle in cui il soggetto è in forte stato fragilità patologica, è poco informato per l'estrema complessità dell'informazione su cosa comporta la sua malattia e i relativi sviluppi e ha problemi economici. In altre parole, il testamento biologico è qualcosa che veicola un'immensità di problemi e ridurre tutta la dialettica all'autodeterminazione di chi la firma e alla vincolatività che dovrebbe avere verso medico è di un'astrazione sconcertante - conclude il docente - L'autodetermitnazione, valore politico fondamentale, quando la trasportiamo in bioetica diventa un criterio pericolosissimo per le scelte mediche, in questo senso dovremmo liberarci dal mito bioetico dell'autodeterminazione, della vincolatività delle disposizioni terminali dei malati e cercare di ricostruire un saggio rapporto medico paziente in cui il paziente ha tutto il diritto di comunicare al medico le sue volontà, ma il medico ha tutto il diritto di operare nel primo principio dell'etica e della sua profesisonlità che è la tutela della vita del malato".

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