"L'ultima madre", le opere di Federica Poletti alla galleria d'arte Gate 26A
Con il volto di nero velato l’ultima madre toglie quel velo che chiamiamo vita. Quando ormai, spolpata da malattia e sofferenza, la vita non è più tale. “E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare l’esistenza?” si chiedeva Gesualdo Bufalino. Allora l’obito sarebbe pura misericordia. Ed ecco che le teste spaccate di Federica diventano testimonianza di un afflato materno che si nutre di pietas. È tutto qui l’atto d’amore assoluto, definitivo della nostra ultima madre. È tutto nelle opere dell’artista modenese Federica Poletti.
Oli su tela e sculture che dal 20 giugno al 12 luglio abiteranno la galleria d’arte contemporanea Gate 26A, piccolo cuore pulsante e pregno nel centro storico di Modena (via Carteria 26 A). Uno spazio poliedrico alle cui modeste dimensioni fa da contraltare un infinito spessore culturale/emotivo che si propone di indagare tanto gli estremi quanto i paradossi dell’espressione artistica attuale. E paradossale è la condizione di dolore imperituro che imprigiona chi anela ad andare oltre ma resta congelato senza domani in un quotidiano arido e disperato.
Perché l’esistenza terrena deve tradursi (o concludersi) in una sopportazione sterile? Nobilita forse l’uomo a trascinare quel che rimane di sé – un sé velato e irriconoscibile – scontando ogni istante felice in un illusorio martirio?
Domande forse senza risposta ma che pretendono una puntuale riflessione. Frutto maturo di siffatta riflessione è il lavoro di Federica Poletti. Il cui eloquio artistico schietto e coraggioso, assai distante dal linguaggio calligrafico del manierismo, non teme il costante confronto con quello stesso inconscio che la nostra epoca ha relegato nella dimenticanza. Quasi fosse un fantasma da esorcizzare.
Ma chi è l’ultima madre? Tutto fuorché un fantasma (anche se tale può sembrare). È Atropo, la terza Moira figlia di Zeus. Qui però vestita di compassione. La “femina accabadora” della Sardegna rurale, colei che finisce. “I cenni storici sulla figura dell’Accabadora sono molto rari. Esistono però testimonianze a più voci. Voci antiche che ancora risuonano nei piccoli paesi dispersi nelle zone più rurali della Sardegna – racconta Federica – Donna di solito rimasta vedova, l’accabadora arrivava silente in piena notte. E, previa rimozione di ogni icona e santino dalla stanza della persona in fin di vita, con un colpo netto e sapiente portava a termine ciò per cui era stata chiamata. Non veniva retribuita dai parenti del malato. Pagare per dare la morte è sempre stato contrario, ancor prima che al credo religioso, ai dettami della superstizione.
La femina accabadora copriva sempre il proprio volto con un velo scuro. Ed è soprattutto questo dettaglio che mi incanta: il fatto che ognuno di noi, in realtà, indossi quel velo”.
Orari: Sabato e domenica 16.00-19.00, tutti gli altri giorni su appuntamento. Inaugurazione sabato 20 giugno ore 18.00. Informazioni in mostra: tel. +39 3338601405, sul sito www.gate26a.com oppure all'indirizzo di posta elettronica info@gate26a.com.