Occident Express, storia di violenza e tenerezza, terrore e umanità in scena a Maranello
Primo appuntamento con la stagione teatrale di Maranello, a cura di Ater - Associazione Teatrale Emilia Romagna. Martedì 13 novembre all’Auditorium Enzo Ferrari è in scena “Occident Express (Haifa è nata per star ferma)”, spettacolo scritto da Stefano Massini e interpretato da Ottavia Piccolo, accompagnata dall’Orchestra Multietnica di Arezzo (ore 21, biglietteria aperta dalle 18).
Lo spettacolo racconta la storia vera di Haifa, una donna anziana di Mosul in Iraq che nel 2015 si mise in fuga con la nipotina di 4 anni percorrendo 5.000 chilometri, dall’Iraq fino al Baltico, attraverso la cosiddetta “rotta dei Balcani”. “Occident Express” è la cronaca di un viaggio, il diario di una fuga, l’istantanea su un inferno a cielo aperto. Ma soprattutto è una storia vera, un piccolo pezzo di vita vissuta che compone il grande mosaico dell’umanità in cammino, è un frammento del nostro tempo.
Un racconto spietato fra parole e musica, senza un solo attimo di sosta: la terribile corsa per la sopravvivenza. Le tante suggestioni della storia sono affidate all'esecuzione di una piccola orchestra composta dai solisti dell'Orchestra Multietnica di Arezzo, un ensemble che da più di dieci anni riunisce musicisti di ogni provenienza e età; raccontando in musica, come una banda di paese degli anni duemila, il mosaico delle città europee contemporanee, poste di fronte alla sfida delle identità, delle culture, delle differenze. “Conobbi la storia di Haifa Ghemal nel marzo 2016”, racconta Stefano Massini. “Un importante quotidiano europeo mi propose di scrivere un pezzo sul suo viaggio al tempo stesso agghiacciante e formidabile. Il contatto con questa cronaca fu in effetti impressionante: un concentrato inaudito di violenza, tenerezza, terrore e umanità, in un crescendo senza fine. Trovai che nella storia di questa anziana donna ci fosse molto del nostro tempo: la gratuità del male, l’onnipotenza del danaro, l’irrompere sulle nostre strade di una forza incontrollabile per lungo tempo sconosciuta all’occidente: la lotta per la vita. Haifa si mise in viaggio con niente di più che una bambina al collo, intercettando sul suo cammino le esistenze di altri forzati nomadi del 2015, in primo luogo i figli di un pastore e una ragazza sfregiata, tutti come lei sospesi come a un filo su un abisso ingordo. E come nei grandi cicli epici, anche in questa storia si guarda più volte in faccia la morte, al punto da imparare perfino a conoscerla, trovando nei suoi agguati la cifra – segreta eppure esplicita – della bestialità umana. Dalla storia di Haifa Ghemal ho tratto quindi questo racconto, trattando la realtà dei fatti come un terreno fertile da cui far sorgere la pianta verde di un’epica moderna. Come i cantastorie di un tempo, ho usato la cronaca per costruirvi sopra un edificio, affinché una piccola storia divenga il paradigma di un’epoca intera. La mitologia è questo, in fondo. E il viaggio di Haifa si aggiunge, credo, a quella lista di miti davanti a cui ogni Omero chinerebbe la testa: sono leggende già pronte,
impossibile non dargli forma scritta”.