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Famiglia

Contratto di convivenza, come funziona

Possono richiederli coppie che vivono insieme stabilmente. Regolamentano dalla partecipazione alle spese comuni all'assistenza in caso di malattia all'istruzione dei figli

Dalle modalità di partecipazione alle spese comuni e all'attività lavorativa domestica ed extradomestica, ai criteri di attribuzione dei beni acquistati nel corso della convivenza; dalle modalità di uso della casa adibita a residenza comune a quelle per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza. Sono alcuni degli aspetti che il contratto di convivenza può regolamentare e da cui nascono veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto.

Al suo interno è possibile definire un vero e proprio regime di comunione o separazione, oppure eventuali disposizioni inerenti la facoltà di assistenza reciproca in tutti i casi di malattia fisica o psichica, o ancora si può prevedere la designazione reciproca ad amministratore di sostegno. Sono inoltre ritenute ammissibili clausole volte alla regolamentazione del mantenimento, dell'istruzione e dell'educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i genitori l'obbligo costituzionale di mantenere, istruire ed educare la prole.

I contratti di convivenza, quindi, sono accordi con cui la coppia, prima che abbia inizio o durante lo svolgimento del rapporto, definisce le regole della propria convivenza attraverso la regolamentazione dell'assetto patrimoniale e alcuni limitati aspetti inerenti i rapporti personali. Possono stipularlo tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (convivenza more uxorio). Non è rivolto a un qualsiasi tipo di rapporto tra due o più persone ma specificatamente alla sola unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (come ad esempio due conviventi dello stesso sesso o persone già unite in matrimonio per le quali non sia ancora intervenuta sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili dello stesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale.

Attraverso il contratto di convivenza non è possibile disciplinare i rapporti successori, ma si può disporre dei propri beni attraverso il testamento inserendo eventuali clausole a favore del convivente. La violazione degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta. Gli accordi contenuti in un contratto di convivenza, ovviamente, hanno valore limitato alle parti che hanno stipulato tali accordi, escluso ogni effetto nei confronti di terzi, ad esempio se è stato previsto che i beni acquistati durante la convivenza debbano considerarsi comuni, affinchè la situazione di contitolarità possa essere fatta valere anche nei confronti dei terzi, in caso di acquisto fatto da un solo convivente, rimane necessario un successivo atto di trasferimento di metà del bene.

Il contratto di convivenza può essere sciolto solo mutuo consenso (cioè grazie ad un nuovo accordo tra le medesime parti, comportante la risoluzione del contratto a suo tempo stipulato) o per le cause ammesse dalla legge, come inadempimento dell'altro partner purché non di scarsa importanza; in caso sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta; in caso di prestazione divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili.

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