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L'omicidio di Bernardetta Fella e i limiti dei servizi sociali. “Carenze normative”

“Una vicenda di fragilità profonda e complessa” : l'assessora Urbelli ha risposto all’interrogazione della consigliera Liotti sull’omicidio della donna modenese, evidenziando i limiti nel sostegno a situazioni non ancora sfociate in aperta violenza

“Quella di Bernadette Fella è una vicenda di fragilità profonda che affonda nel vissuto di una donna su cui siamo tenuti come servizi al segreto professionale, ma al tempo stesso tocca aspetti che ci devono far riflettere, un tema che travalica i servizi e riguarda l’intera comunità. Ci sono sicuramente logiche, modelli professionali e reti da implementare e migliorare, anche a Modena che sul contrasto alla violenza alle donne è sempre stata un punto di riferimento regionale. C’è un problema giuridico e sanzionatorio e un problema dovuto a carenze normative. Resta il fatto che la signora Fella è arrivata ai servizi, non importa che l’avessero in carico i servizi sanitari e comunque in modo integrato con quelli sociali, dopo un percorso di grande disagio e fragilità, presentando un’estrema complessità, e la rete non è riuscita a tenerla a galla”.

Lo ha detto l’assessora Giuliana Urbelli rinnovando la propria solidarietà alla famiglia mentre, nella seduta consiliare di giovedì 21 luglio, rispondeva all’interrogazione urgente di Caterina Liotti del Pd intitolata “Qual è stato il percorso tra i servizi comunali e sanitari modenesi dei Bernadette Fella, uccisa dall’ex compagno”. Ricordando come la città ha reagito a quell’omicidio anche manifestando lungo le vie del quartiere dove la donna risiedeva, la consigliera ha chiesto se nel caso specifico siano state applicate le procedure indicate dal protocollo operativo della rete comunale contro la violenza sulle donne; se esistano reti informative che permettano ai servizi riuniti nel coordinamento della Rete comunale contro la violenza alle donne di dialogare tra loro e se non si ritenga utile promuovere la creazione di una sezione specializzata del Corpo di Polizia municipale con competenze specifiche”.

L’assessora ha ribadito l’importanza del Protocollo elaborato nel 2007 in cui si indicano le azioni da intraprendere i soggetti preposti ad attuarle; il ruolo del Comune di coordinamento della Rete per contrastare la violenza contro le donne; il Tavolo tecnico che attraverso il confronto tra operatori e volontari ha elaborato i protocolli operativi per la gestione delle emergenze approvati nel 2014. E ha ricordato che negli ultimi mesi, il Comune ha affinato buone prassi e  strumenti metodologici per l’accoglienza e si sono sperimentate altre forme di ospitalità (alberghi, appartamenti protetti e segreti gestiti in convenzione dalla Casa delle Donne). “I collocamenti – ha sottolineato Urbelli - avvengono tramite segnalazioni del Pronto soccorso o delle forze dell’ordine, generalmente nelle ore notturne e nei festivi. C’è la necessità di garantire alla donna, che se è mamma si allontana spesso con i figli, un ambiente adeguato dove trovare protezione e poter riflettere sul passato e sulle scelte da fare. Si è posto quindi il tema non solo di reperire strutture adeguate ma anche di garantire sostegno per consentire alla donna di iniziare subito un percorso di riflessione accompagnata da personale e volontari formati. Pertanto venerdì pomeriggio, sabato e nelle festività è attivo un servizio di ascolto in emergenza gestito da volontarie. Nonostante tutto il lavoro svolto sul piano pubblico e associativo, le forme di violenza agite all’interno della famiglia, restano spesso nell’area grigia della non evidenza da cui escono solo in casi estremi”.

Chiesta la trasformata in interpellanza, Marco Cugusi di Sel ha invitato “a una profonda riflessione su come prevenire questi tipi di violenza, perché questo gravissimo fatto criminale che ha colpito profondamente la comunità – ha affermato - ci induce a chiederci se la rete dei servizi e delle forze dell’ordine sia all’altezza”. Elisabetta Scardozzi del Movimento 5 Stelle ha condiviso le osservazioni del consigliere e ha espresso il cordoglio del suo gruppo alla famiglia rileggendo, inoltre, le parole pronunciate dal nipote di Fella durante la fiaccolata e chiedendosi quante delle donne che intraprendono un percorso per sottrarsi alla violenza di un familiare, riescono poi ad uscire dal circuito della violenza.

Simona Arletti del Pd ha ricordato il “percorso lungo e difficile che portò al Protocollo operativo creando la Rete che di fatto ancora non esisteva poiché tutti i soggetti coinvolti agivano senza rapportarsi. Tanto è stato fatto – ha quindi osservato - ma i passi in avanti non bastano. Possiamo lavorare ancora sull’accoglienza e ancora c’è molto da fare sul versante della cultura del sostegno a chi riceve minacce in ambito domestico”. Infine, Caterina Liotti ha ribadito: “A Modena abbiamo spesso fatto scuola in materia; il Protocollo era stato innovativo, ma occorre guardare avanti e il Tavolo comunale deve interrogarsi per verificare le carenze. Non abbiamo ancora una legge nazionale che introduca l’elemento della complessità, né una legge che preveda tribunali speciali che, anche nel caso di Fella, avrebbero determinato giudizi più rapidi sulla denuncia presentata prima che si arrivasse al gesto estremo. Da parte nostra, possiamo lavorare alla verifica del protocollo, a interventi di aggiornamento e formazione e verificare cosa manca, anche insieme alle associazioni, come per esempio una casa d’emergenza”.

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