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Corso di arabo per 12 agenti della Municipale, tutti i dubbi della Lega

Dopo i chiarimenti forniti dagli organizzatori del corso di lingua e dall'Assessorato, il Carroccio riaccende la polemica: "L'iniziativa sembrava precorrere un futuro sempre più probabile, quando gli italiani saranno minoranza e l'integrazione consisterà nel far imparare agli autoctoni usi, costumi e lingua degli immigrati"

Stavo pensando di frequentare alcune lezioni per l'introduzione alla scrittura giapponese, che l'associazione Amici del Libro propone due volte a settimana nel mio quartiere, ma qualcosa mi frena. Non vorrei correre il rischio che la Lega Nord cittadina possa sollevarsi contro di me, accusando parallelamente l'Amministrazione Comunale di favorire l'inaridimento della lingua italiana, che un giornalista dovrebbe sempre preservare da pericolose contaminazioni.

A frenarmi è il trattamento riservato a 12 agenti della Polizia Municipale di Modena, che hanno deciso di dedicare alcune ore, fuori servizio e per aggiornamento personale, all'apprendimento dei rudimenti della lingua araba. Il corso, organizzato non dagli Amici del Libro ma dal sindacato di polizia Aplrer, aveva scatenato le furie del Carroccio modenese che aveva parlato di una “schizofrenica concezione dell'integrazione”. Evidentemente la stessa Lega Nord non aveva ben chiaro i contorni della vicenda, che avevamo cercato di spiegare in modo lineare in questo articolo, tanto che si è rivolta all'Amministrazione attraverso un'interrogazione scritta.

Ma, nonostante l'inquadramento del corso di lingua araba svolto all'R-Nord a livello di iniziativa “privata” pagata di tasca propria dai partecipanti e nonostante la risposta dell'Assessorato alla Sicurezza, la Lega Nord non si è detta né soddisfatta, né convinta dalle motivazioni addotte. “Il Comune si è limitato a dire – scrive il segretario del Carroccio Stefano Bellei – che l’apprendimento dei rudimenti di arabo può risultare utile agli agenti nel loro lavoro. E ha aggiunto che il corso è stato apprezzato dai partecipanti. In altre parole si sono divertiti. Che gli “scolari” abbiano passato qualche ora piacevole non può che farci contenti. Abbiamo dei forti dubbi invece che il corso possa risultare di qualche utilità. L’arabo non è una lingua facile e i vigili resteranno assolutamente incapaci di comprendere anche una sola parola pronunciata da qualunque degli spacciatori nordafricani che presidiano le strade cittadine”.

A confondere ulteriormente i leghisti  vi è l'informativa del Comune, che rende noto come “l’apprendimento delle principali lingue delle comunità straniere rientra a pieno titolo nel percorso formativo della polizia di prossimità”. Cosa vuol dire? Che l’obiettivo è quello di far diventare i nostri vigili dei poliglotti in grado di padroneggiare, oltre all’arabo, il rumeno, l’ucraino, il cinese e, magari, una manciata di dialetti dell’Africa nera? “Adesso abbiamo capito – scrive ancora il Bellei – perché mai nessun cittadino ha visto i tanto pubblicizzati vigili di quartiere. Invece che pattugliare la città, saranno tutti chiusi in qualche stanza a tentare di imparare le lingue più improbabili del mondo. Sarebbe quindi bene che l’Amministrazione la smettesse di arrampicarsi sugli specchi nel tentativo di assegnare una patente di serietà a questi corsi e li chiamasse col loro giusto nome: un’iniziativa dopolavoristica e ricreativa di dubbio gusto”.

Lasciando, come sempre, a ciascuno le proprie opinioni, constatiamo infine che il Carroccio ha ricondotto il corso di lingua araba, dopo alcuni fraintendimenti, alla sua reale dimensione. Forse. Nel dubbio, chiederò consiglio agli Amici del Libro. Mina-san Konnichiwa.

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