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IMU sulle cave, a San Cesario denunciate “cifre ridicole”

Le liste civiche di San Cesario e Spilamberto puntano il dito contro le politiche fiscali dell'Amministrazione, sottolineando come l'introito sui terreni destinati ai cavatori siano minimi e addirittura inferiori a quello per gli agricoltori

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ModenaToday

In tempi di bilanci può tornare utile ricordare ai nostri Amministratori un’entrata alla quale sembrano aver rinunciato: l’IMU sulle aree di cava. Il Comune di San Cesario ha introdotto l’imposta, ma con un introito per il 2014 davvero irrilevante: 506 euro. Si tratta dell’IMU su “Cava Frantoio San Cesario” per la quale la proprietà, ditta Granulati Donnini SPA, deve appena 2.429 € tra quota statale e quota comunale. Come mai i cavatori pagano così poco di IMU?

Innanzitutto l’imposta è stata applicata solo su una cava attiva, quando invece bisognerebbe considerare il valore di tutti i terreni di cava, sia scavati che non, perché dal momento in cui rientrano nel piano estrattivo sono tutti potenzialmente redditizi. Ci sono imprese costrette a pagare l’IMU per capannoni vuoti e per terreni edificabili non ancora costruiti. Scegliendo poi di far pagare l’IMU anche sulle cave esaurite si otterrebbe l’ulteriore vantaggio di accelerarne i tempi di ripristino.
 
Ma il problema è soprattutto un altro: se il Comune di San Cesario incassa solo 506 € da una cava di oltre 304.000 mq con una potenzialità di reddito (desunta dai metri cubi di ghiaia estratti) di oltre due milioni di euro, è evidente che qualcosa non funziona, che il metodo adottato per il calcolo dell’IMU è sbagliato. A San Cesario i terreni di cava sono accatastati come “Fabbricati Produttivi di categoria D” assimilabili quindi ai capannoni industriali o commerciali, tuttavia, per il calcolo dell’IMU viene considerato, stranamente, un valore catastale pari a quello di un terreno agricolo, prendendo come base il reddito dominicale. 

Un meccanismo anomalo e distorto che porta i cavatori a pagare meno di artigiani ed agricoltori. Se lo stesso terreno fosse agricolo, l’agricoltore pagherebbe circa il doppio dei cavatori: 4.700 euro che, per giunta, resterebbero interamente nelle casse comunali. Se allo stesso terreno venisse invece applicato il valore catastale di un “Fabbricato Produttivo di categoria D”, un capannone industriale ad esempio, i cavatori dovrebbero pagare milioni di euro!
 
In molti altri Comuni d’Italia il problema è stato superato da anni classificando le cave come terreni edificabili ai fini fiscali. Dalle nostre parti lo ha fatto solo il Comune di Savignano, dove la Giunta ha attribuito ai terreni di cava un valore di 15 euro a metro quadro, stima comunque modesta considerata la rendita. Seguendo l’esempio di Savignano, il Comune di S. Cesario potrebbe incassare solo per la cava Frantoio San Cesario quasi 45.000 euro l’anno anziché 506 euro. Se poi, come avviene a Savignano, l’imposta venisse applicata non solo alle cave attive, ma a tutti i 3,7 milioni di mq di terreni di cava di San Cesario, il comune otterrebbe un’entrata annua di oltre 552.000 euro, sufficienti ad abbassare le aliquote IMU per tutte le categorie di immobili.  
 
A Spilamberto il Consiglio Comunale impegnò la Giunta a riscuotere l’IMU dai cavatori secondo il metodo che si sarebbe ritenuto più opportuno, ma la mozione è ferma da oltre due anni. Nella stessa seduta venne però bocciata una mozione della Lista Civica che già allora proponeva di seguire il metodo di Savignano, col quale, sulla base del milione e 400.000 mq di terreni di cava, si sarebbero introitati ogni anno 232.000 euro. Questo provvedimento avrebbe evitato non solo l’aumento dell’IMU, portato nel 2014 al massimo delle aliquote, ma anche l’aumento per il 2015 dell’addizionale IRPEF che vale circa 140.000 euro in più. All’immobilità dell’amministrazione Lamandini prima e Costantini poi, sono chiamati a rimediare i cittadini secondo una discriminazione che continua ad esonerare i cavatori dal pagamento dell’IMU, imponendo a tutte le altre categorie le aliquote più alte dei comuni limitrofi.
   
Il comune che potrebbe incassare di più in assoluto dall’Imu sulle cave applicando il metodo di Savignano è Modena: con i suoi 5 milioni di metri quadri di superficie di scavo – la più ampia della provincia - il Sindaco Muzzarelli incasserebbe dai cavatori 810.000 euro. Per la collettività, lo farà?
 
Le tasse dovrebbero essere il principale strumento di abolizione dei privilegi, pagare tutti per pagare tutti di meno. Purtroppo interessi e relazioni potenti fanno sì che la realtà sia ben diversa. Per lo sfruttamento del nostro territorio le Amministrazioni riscuotono cifre irrisorie, nemmeno sufficienti a coprire i costi dei pochi controlli sulle cave che oggi ricadono interamente sulla collettività. Ma soprattutto preferiscono continuare a vessare i soliti, cittadini ed imprese che non minacciano certo ricorsi al TAR, ma continuano a lavorare ogni giorno nonostante la crisi.

Paola Forghieri – Presidente Lista Civica Spilamberto Libera e Responsabile
Sabina Piccinini – Capogruppo Lista Civica Nuovo San Cesario

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