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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Quando la paura si chiamava "Pippo": storia dei bombardamenti a Modena

Storia dei bombardamenti su Modena di quel Pippo, sul cui nome tutti i modenesi si scherzava per diminuire almeno un po' la paura della sua portata

Lo chiamavano "Pippo", un nome semplice quasi amichevole, per descrivere la fonte di paura che non faceva dormire i modenesi. I bombardamenti a Modena iniziarono quel Lunedì 14 Febbraio 1944 alle ore 13.50. I modenesi presi dalla paura corsero nei rifugi attendendo che quel momento finisse e sperando che la propria abitazione non fosse colpita dalle bombe dell'Alleanza. Ad essere colpita fu la zona della Stazione e il quartiere industriale, infatti gli Alleati volevano distruggere le forniture produttive dei tedeschi per accellerare la disfatta dell'Asse, tuttavia a pagarne le spese furono più di cento civili. I corpi furono salutati per l'ultima volta in una importante messa nella chiesa di Sant'Agostino e portati in processione fino al Cimitero di San Cataldo.

Non passarono tre mesi che il 13 Maggio alle ore 14.35 giunse il secondo storico bombardamento della città, con la distruzione di altre case e novantaquattro morti, oltre a famose chiese che essendo colpite furono in parte smantellate, in particolare San Vincenzo, Il Tempio Monumentale e San Domenico. Il 4 Giugno gli Angloamericani giunsero a Roma e il fronte tedesco si spostò sempre più verso nord raggiungendo la sua ultima posizione storica, ovvero la Linea Gotica, sugli appennini modenesi. I bombardamenti si intensificarono, avvenendo non solo di giorno, ma anche e purtroppo di notte. Dormire pareva impossibile, e quasi si sperava, casomai avessero bombardato, di non accorgersi di nulla e di concludere il tutto in un eterno sonno.

La verità è che ogni notte poteva essere quella giusta per correre fuori casa e nascondersi nei rifugi, sperando di ritrovare lì i parenti, gli amici e i vicini. Sempre nel 1944 ad essere colpita fu la chiesa di San Salvatore, di cui oggi rimane solo la piazza omonima e il campanile. Infatti, la chiesa venne in buona parte distrutta, e nel dopoguerra il sindaco scelse di abbatterla definitivamente, tuttavia ancora oggi è possibile vederne il perimetro osservando dei ciotoli più scuri nella piazza che porta il suo nome. La guerra si intensificò e in montagna si provava a liberare i comuni, come Montefiorino, ma con esiti poco rassicuranti, così il 30 Luglio 1944 venti giovani modenesi per rappresaglia furono fucilati in piazza Grande innanzi all'arcivescovado, davanti agli occhi di tutti. 

Ogni giorno c'erano storie di rappresaglie da Sassuolo a Pavullo, da Puianello ad Ospitaetto, da Spilamberto a Carpi, da Bastiglia a Concordia, da San Cesario a ovviamente Montefiorino, da Soliera a Concordia. L'estate del 1944 fu terrificante, con i bombardieri che passavano sopra le teste dei modenesi, ma spesso non si fermavano, perché erano diretti alle città lombarde e venete, o con i caccia che andavano a mitragliare i ponti sul Po. L'inverno del 1944 fu ancora più atroce, con i modenesi della città spaventati dalle bombe del cielo e dalle rappresaglie dei tedeschi, mentre in montagna i partigiani combattevano secondo le regole della guerriglia. Il 10 Novembre furono fucilati in piazza Grande tre partigiani rimasti alla storia ovvero Emilio Po, Alfonso Piazza e Giacomo Ulivi.

L'ultimo paese ad essere bombardato fu Formigine il 19 Aprile, provocando decine e decine di morti, che furono raccolti dal povero Don Ennio Tardini che con un carretto li portava in chiesa per il funerale. E poi finalmente giunse quel 22 Aprile 1945. 

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