Anche poco sale fa male alla pressione? Un innovativo studio statistico Unimore
Uno studio di meta-analisi, realizzato da un gruppo internazionale di ricercatori coordinati dal Prof. Marco Vinceti della Sezione di Sanità Pubblica del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze di Unimore, ha osservato un incremento della pressione sanguigna persino nei normotesi associato al consumo di sodio anche a livelli di assunzione alimentare molto ridotti, dell’ordine di 1,5-2 grammi al giorno
Il Dottor Tommaso Filippini, primo autore dello studio, ha dichiarato: “La 'forza' della metodologia utilizzata è proprio quella di aver reso possibile l’integrazione in un modello dose-risposta dei risultati di studi sperimentali, considerati più
Il Prof. Marco Vinceti, dal canto suo ha sostenuto: “La dimostrazione di effetti benefici della riduzione dell’assunzione abituale di sodio nei confronti dei livelli pressori già nei normotesi e, perfino, a ridotti livelli di assunzione rafforza la necessità di adottare interventi di sanità pubblica e di educazione alimentare tesi a ridurre il rischio cardiovascolare in tutta la popolazione e sin dalla giovane età”.
Il Prof. Giuseppe Boriani, Direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, ha dichiarato che: “Lo studio ha grande importanza in quanto sottolinea il ruolo fondamentale che può svolgere una educazione alimentare mirata a ridurre l'apporto di sodio, risultando un indispensabile provvedimento per il controllo dell'ipertensione nella popolazione. Le implicazioni pratiche di questo studio sono pertanto ben evidenti e verranno applicate nella pratica clinica quotidiana, istruendo i pazienti a limitare l'apporto di sale complessivo a non più di un cucchiaino da caffè al giorno, tenuto conto anche della quantità di sodio contenuta nei cibi, particolarmente rilevante nei cibi preconfezionati e conservati”.