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Procure in silenzio, Aser: "E' in atto un vero e proprio attacco ai giornalisti"

Il sindacato di categoria stigmatizza le condotte delle Procure, imposte o interpretate a discrezione dopo una norma nazionale che mina il diritto di cronaca

"Anche in Emilia Romagna è in atto un vero e proprio attacco alla categoria dei giornalisti che, sull'onda della normativa sulla presunzione di innocenza, di fatto un silenziatore delle notizie diffuse dalle Procure, punta a limitare fino a quasi eliminarlo il diritto di cronaca e appunto la libertà di stampa". Questa la dura presa di posizione di Aser, il sindacato regionale dei giornalisti, che interviene nuovamente sui risvolti pratici dell'applicazione della nuova normativa che limita in modo estremo le comunicazioni tra Procure e mezzi di informazione.

Alla radice di tutto un decreto approvato sul finire dello scorso anno, che di fatto restringe il campo comunicativo concesso ai Procuratori. Basti pensare che a Modena, da ormai sei mesi, Il Procuratore capo e i giornalisti locali non hanno più potuto scambiare una parola. Le comunicazioni, trasmesse dalle forze dell'ordine su input del Procuratore, si limitano a scarni comunicati stampa. Le stesse comunicazioni delle forze dell'ordine sono sottoposte quotidianamente al vaglio della Procura, che le deve preventivamente autorizzare. Ne consegue l'impossibilità di poter verificare un'informazione in tempi consoni alle esigenze del giornalismo contemporaneo e più in generale un impoverimento della cronaca.

Un dialogo che è stato chiuso in modo drastico e che ha ripercussioni ben visibili, non solo agli addetti ai lavori, ma anche ai lettori più attenti alla cronaca locale. Una perdita di trasparenza che si sente, eccome. Si avverte non soltanto dal nostro punto di vista di professionisti direttamente coinvolti, ma assume un peso importante anche nel panorama pubblico locale, con un'assenza marcata delle figure del Procuratore, del Questore o dei comandanti delle forze dell'ordine. Un'assenza che va oltre la "notizia", e pesa in generale nella percezione della presenza dello Stato nella vita dei cittadini.

Se sotto la Ghirlandina il silenzio la fa da padrona, Aser riferisce di una situazione forse più conflittuale sotto le Due Torri: "A Bologna, tra iniziative pubbliche, prese di posizione ed elenchi di articoli di giornale catalogati come esempi del cattivo giornalismo (vedi il libro Giustizia mediatica, edito dal Mulino, a firma di Vittorio Manes), i giornalisti vengono accusati di spettacolarizzare i processi, di manipolare le notizie ad arte per aumentare la tiratura dei giornali, l'audience dei programmi televisivi e i lettori dei siti internet. Il tutto condito da proposte per limitare l'accesso agli atti dei processi e per punire (anche con multe) chi non rispetta determinate regole, tutto al limite della censura".

"Come Aser (Associazione stampa dell'Emilia Romagna) diciamo basta a questa campagna discriminatoria nei confronti della categoria, con avvocati che passano al setaccio il nostro lavoro e Procuratori che vorrebbero veder pubblicato solo quanto contenuto nei loro comunicati stampa dove le informazioni sono ridotte all'osso. A Genova, il presidente del collegio giudicante ha praticamente oscurato le riprese televisive al processo al ponte Morandi, un esempio di come limitare la stampa sia ormai una pratica più che diffusa".

Il sindacato dunque conclude: "Magistrati e avvocati pensino a fare bene il loro lavoro, all'informazione ci pensano i giornalisti che hanno carte deontologiche e organi deputati a vigilare sull'esercizio corretto della professione e a punire chi sbaglia. Non abbiamo bisogno di lezioni o consigli da parte di altre categorie che spesso hanno un unico obiettivo: limitare il diritto dei cittadini ad essere informati".
 

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