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Un cannabinoide 33 volte più forte del THC, importante scoperta modenese per la medicina

E' un gruppo di ricerca dell'Università di Modena e Reggio Emilia, guidato dal Dott. Cannazza, ad avere isolato e identificato due nuovi cannabinoidi che potrebbero rivoluzionare la terapia del dolore e il trattamento di epilessia, ansia e depressione

Si immagini per qualche minuto la Cannabis Sativa per quello che è: una pianta. Del resto si penserebbe mai ai disastri orientali dell'oppio osservando un rosso campo di papaveri? Si dimentichi, per un attimo, la dimensione di illegalità in cui spontaneamente si categorizza un argomento come questo. La preparazione è terminata: ora c'è posto per la scienza. 

E' tutta modenese la scoperta che potrebbe rivoluzionare il mondo della medicina. Già usata come farmaco per patologie come forme di epilessia grave nei bambini o nel trattamento del dolore neuropatico dei malati di sclerosi multipla e cancro, la Cannabis -o meglio, la sua composizione chimica- è oggetto di costante e fruttifero studio da parte dei ricercatori Unimore.

Dopo un intenso e costante lavoro, sono stati isolati ed identificati per la prima volta al mondo due nuovi fitocannabinoidi dalla Cannabis Sativa da un gruppo di ricerca guidato dal dott. Giuseppe Cannazza del Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, in collaborazione con il CNR-Nanotec di Lecce, la sezione di Farmacologia dell’Università della Campania ed il Dipartimento di Chimica dell’Università La Sapienza di Roma.

E' necessario partire da alcuni presupposti. Il cannabinoide contenuto nelle foglie di canapa maggiormente conosciuto è il THC. Presente in percentuali che, a seconda delle specie, arrivano a toccare il 27%; è una sostanza psicoattiva. Suo "fratello", il cannabinoide CBD, rimane invece spesso e volentieri nell'ombra. Essendo presente in quantità nettamente inferiori e non vantando gli effetti psicotropi del THC, è molto meno conosciuto. I due cannabinoidi, scoperti grazie a nuove tecniche di spettrometria di massa dal gruppo di ricerca del Dott. Carnazza, sono strettamente legati con essi, e prendono il nome di THCP CBDP, ora estratti dalla cannabis medicinale FM2 prodotta dall’Istituto Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. 

Lo studio in vivo ha evidenziato che il composto THCP ha una interazione con i recettori per i cannabinoidi 33 volte superiore rispetto al THC e proprio grazie a questa sua maggiore attività psicotropa nei test in vivo, condotti sui topi da laboratorio, il THCP è attivo a dosi più basse. I meccanismi di azione, invece, del CBDP sono ancora poco conosciuti come quelli del CBD.

La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Scientific Reports, apre nuove strade verso la comprensione dell’efficacia in ambito terapeutico della cannabis, come la terapia del dolore, l’epilessia od il trattamento di ansia e depressione.

“L’importanza di questa scoperta - spiegano la dott.ssa Cinzia Citti e il dott. Pasquale Linciano di Unimore -  risiede nel fatto che finora nessuno ha mai cercato il THCP nelle diverse varietà di cannabis. Il prossimo passo sarà quello di ricercare la concentrazione di questi cannabinoidi in altre varietà al fine di scoprire il motivo per il quale alcune varietà con un basso livello di THC hanno proprietà psicotrope estremamente elevate. Ed una risposta potrebbe essere il THCP. Riguardo al CBDP invece, non sappiamo assolutamente che attività farmacologica potrebbe avere”.

Il gruppo di ricerca coordinato dal dott. Giuseppe Cannazza è formato da Cinzia Citti, Pasquale Linciano, Fabiana Russo, Livio Luongo, Monica Iannotta, Sabatino Maione, Aldo Laganà, Anna Laura Capriotti, Flavio Forni, Maria Angela Vandelli e Giuseppe Gigli.

gruppo modenese THCP-2

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