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25 Aprile a Modena: "I valori della Liberazione per ricostruire la comunità"

Libertà, uguaglianza e giustizia sociale per ripartire dopo il Covid. La celebrazione con il sindaco Muzzarelli, il presidente Poggi, Rosi Bindi e Laura Cleri

"Libertà, uguaglianza e giustizia sociale sono gli ideali che hanno caratterizzato la lotta per la Liberazione. E sono gli stessi che ci guidano oggi nelle nostre azioni per affrontare i mesi impegnativi che abbiamo davanti, con l’impegno a non lasciare nessuno indietro, perché solo nella libertà e nell’uguaglianza possiamo costruire solidarietà e progresso e ricostruire una comunità che tenga dentro tutti”. Con queste parole, il sindaco Gian Carlo Muzzarelli domenica 25 aprile ha concluso la celebrazione della Festa della Liberazione che per il secondo anno consecutivo non si è svolta, come da tradizione, in piazza Grande ma nella sala consiliare del Municipio, in collegamento streaming sul sito del Comune e in diretta televisiva sulle emittenti Trc e Tv e sul sito della Gazzetta di Modena. Prima, con alcune autorità, si sono svolti la messa in Duomo celebrata dall’arcivescovo Erio Castellucci e l’omaggio al Sacrario della Ghirlandina, adottando tutte le misure di sicurezza necessarie.

Insieme al sindaco, che è intervenuto da casa sottolineando “l’enorme rammarico di non poter essere insieme, perché non c’è niente di meglio che guardarsi negli occhi e stringersi la mano per sentirsi partecipi di momenti di profonda appartenenza e comunità nazionale come questo”, alla cerimonia hanno partecipato il presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi e Laura Cleri, lavoratrice dello spettacolo. Presenti in sala consiliare la prefetta Alessandra Camporota, il rettore di Unimore Carlo Adolfo Porro e i rappresentanti delle associazioni partigiane, mentre i consiglieri e i rappresentanti delle istituzioni cicvili e militari erano in videoconferenza. La celebrazione è stata chiusa da Rosi Bindi, già ministra e presidente della Commissione parlamentare antimafia, collegata da remoto.   

Il presidente Poggi, che ha dedicato un ringraziamento, come ha fatto anche il sindaco, a tutti gli operatori della sanità, ha dedicato il suo intervento alle donne, “il filo rosso che lega tutte le iniziative per l’anniversario della Liberazione ma anche il ponte tra quello che accadde allora e questo tempo di pandemia”. Ribadendo la dedica della cerimonia ad Aude Pacchioni, Poggi ha ricordato, quindi, Tina Anselmi, che nel 1978 fu la prima donna ministro nella storia della Repubblica, e che reggendo il ministero della Sanità creò il Sistema sanitario nazionale, “architrave della Resistenza che il nostro Paese sta combattendo contro la pandemia”, un sistema che, una ventina di anni dopo, fu rafforzato nel suo carattere territoriale proprio da Rosi Bindi. “Purtroppo le donne sono anche coloro che stanno soffrendo maggiormente per le conseguenze della pandemia”, ha concluso Poggi, dedicando la cerimonia a loro “che portano sulle spalle il peso maggiore di questo tempo”.

Un nuovo protagonismo delle donne, “che hanno portato tanto peso ma anche accumulato molte risorse”, è stato l’auspicio conclusivo dell’intervento di Rosi Bindi che ha ripercorso la storia della Liberazione sottolineando che la Resistenza “è stata combattuta non solo dai partigiani, ma dall’intero popolo italiano, perché allora, come oggi, non si poteva non scegliere da che parte stare nella battaglia contro il nazismo e il fascismo. Non abbiamo paura di pronunciare queste parole – ha proseguito – perché la nostra democrazia è nata da quella battaglia mentre oggi torna la tentazione di sdoganarli, in un momento di crisi per le disuguaglianze che hanno fatto perdere fiducia nella democrazia e nella politica”. E un’altra tentazione, ha detto ancora Bindi, è quella di tornare alla normalità dopo la pandemia: “La stessa normalità che ha provocato questa tragedia. Dobbiamo, invece, guardarla in faccia e capire che potremo uscire da questa crisi solo insieme, come comunità, superando le disuguaglianze e prendendoci cura dei beni comuni, sui quali si fonda anche la nostra Costituzione: il lavoro, la salute, l’istruzione, la cultura. Che non sono solo diritti individuali, ma diritti che, se attuati, realizzano il bene della comunità intera”.

L’attrice Laura Cleri ha portato la sua testimonianza di lavoratrice dello spettacolo, il settore che più di tutti gli altri settori produttivi è stato sospeso. Cleri, che ha lavorato con il pubblico in presenza per l’ultima volta il 23 febbraio 2020, ha sottolineato che gli operatori culturali vivono “nell’impedimento della propria funzione, e in tantissimi hanno dovuto fare altro per sostenere le loro famiglie. Molti si sono ingegnati con le piattaforme virtuali – ha proseguito – ma il nostro spettacolo si fa dal vivo, condizione indispensabile per i rapporti umani. Le soluzioni alternative sono importantissime per mantenere la relazione, ma sono surrogati”. L’attrice ha ricordato, quindi, la figura di Luciano Bolis, segretario del Partito d’azione a Genova e ispettore delle Brigate di Giustizia e libertà, arrestato e torturato dai fascisti nel 1945, “che si era strappato da solo le corde vocali per non parlare: lo fece per difendere la vita e la libertà altrui, si tolse la voce per restituirla a noi”.  

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