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Attualità Caduti in Guerra / Via San Pietro

Il Monastero di San Pietro verso la chiusura, appelli per salvare un'istituzione millenaria

Una notizia shock per la comunità di fedeli che ruota intorno alla storica abbazia gestita dall'Ordine Benedettino, ma anche per la città che ospita il monastero dal 983 d.C.

Modena, con buona probabilità, perderà un pezzo della propria storia. Da alcuni giorni è infatti stato reso noto che il monastero benedettino di San Pietro sarà probabilmente chiuso, dopo la rinuncia all'incarico da parte del priore dom Stefano De Pascalis. Una vicenda dai contorni ancora confusi e senza una sentenza definitiva, ma con la comunicazione della volontà di interrompere ogni attività in San Pietro ormai inviata alla Curia modenese da parte dei vertici della Congregazione Benedettina Sublacense-Cassinese. Congregazione dalla quale purtroppo, nonostante i tentativi, non è stato possibile avere dichiarazioni.

Uno scossone giudiziario

Una notizia che si innesta su un caso giudiziario particolarmente spinoso, relativo ad un lascito milionario di una facoltosa cittadina modenese. Circa quattro milioni di euro che dom Pascalis avrebbe fatto confluire su altri conti correnti, disponendone così in maniera differente rispetto ai desideri di chi aveva donato quella somma, destinata alla parrocchia. Una inchiesta che vede 5 indagati e che approderà in tribunale il prossimo 15 maggio, nella speranza di poter fare chiarezza sull'accaduto.

Quel che è certo è che questo episodio controverso ha minato ulteriormente i rapporti mai facili tra la Curia modenese e il monastero benedettino. Un dualismo, quello tra monastero e parrocchia - il primo indipendente, la seconda sotto l'egida della Chiesa locale, che ha sempre rappresentato un fattore di criticità. Al caso giudiziario si sono aggiunte le difficoltà legate al ridimensionamento stesso della comunità monastica, che negli ultimi anni si è assottigliata, anche a seguito dei decessi dei monaci più anziani. Una serie di fattori concomitanti, quindi, che avrebbe portato a questa decisione drastica.

Shock e appelli per salvare il monastero

Si tratta chiaramente di una notizia che ha lasciato basiti cittadini, in primis i fedeli di San Pietro, per quanto i monastero rappresenta per la storia della città. Una storia iniziata precisamente nel 983 d.C, quando il luogo di culto venne fondato, addirittura antecedentemente al Duomo. Oltre un millennio di storia con fortune alterne, con alcuni periodi di crisi e di chiusura, ma che ha radicato la presenza dei monaci in città. Monaci che negli ultimi decenni sono stati sempre un punto di riferimento per migliaia di persone.

Negli ultimi giorni anche la nostra redazione ha ricevuto diversi messaggi e appelli da parte di cittadini sconvolti dalla prospettiva di perdere una vera e propria istituzione come quella del Monastero benedettino. Voci accorate che invitano la Congregazione a fare un passo indietro, per salvaguardare il patrimonio "sacro" da un lato e quello artistico-culturale dall'altro.

A questi si è aggiunto il Centro Studi dell’Abbazia dei Padri Benedettini di San Pietro, fortemente voluto all’indomani del sisma del 2012 dal Priore De Pascalis, che "ha inteso imprimere nuovo slancio alla Comunità stessa attraverso il recupero della straordinaria storia e cultura che l’hanno caratterizzata nei secoli passati, che hanno reso San Pietro uno dei centri più attivi della comunità benedettina, luogo di studi, di valorizzazione dei beni culturali e splendido luogo di fede. Uomini d’arte e di lettere come Antonio Begarelli, Benedetto Bacchini, Mauro Alessandro Lazarelli hanno lasciato qui tracce indelebili, sopravvissute persino alla bufera napoleonica e alle soppressioni postunitarie".

Il Centro Studi, insieme con la famiglia dei monaci, ha progettato e realizzato eventi culturali, musicali, storici, letterari, scientifici e religiosi che hanno animato i suoi spazi. Primo fra tutti la Sala Santa Scolastica, che ha ospitato manifestazioni ricche di pubblico, partecipe e ormai abituato all’alta qualità delle proposte. Ma anche la Spezieria, il suo cortile e il magnifico chiostro delle Colonne, oggetto di un’esperienza di Art Bonus. "I Benedettini, come tutti sanno, da mille anni sono presenti nella nostra città, a parte alcuni intervalli, e il loro abbandono costituirebbe una perdita insanabile, che la svuoterebbe ancora di più. Sarebbe un’irreparabile ferita sotto l’aspetto della cura e della conservazione del patrimonio che essa ha saputo produrre nei secoli passati, così come negli anni più vicini a noi. Perché dentro le mura di San Pietro si è sedimentata un’eredità materiale e spirituale fatta di arte, scritture, memorie archivistiche, competenze e relazioni che hanno unito la città all’Italia, non solo benedettina, nella ricerca di un pubblico ampio, non di soli specialisti". 

"I membri del Centro Studi, attoniti davanti a ciò che si prospetta accadere, intendono lanciare un appello all’intera città che in questi anni ha qui visto un preciso richiamo anche dal punto di vista dell’aiuto sociale, dell’ospitalità, dell’amore per il sapere e per la bellezza, aspetti fondativi della stessa Regola di san Benedetto - si legge in una nota - Desiderano inoltre ringraziare dom Stefano De Pascalis e dom Fabio Brancolini, che proprio in virtù di una chiara visione del futuro, con l’appoggio della comunità monastica hanno saputo dare una forte spinta al recupero di una parte della città in forte degrado, chiamando in gioco Comune, Fondazione, Ministeri, Istituti scolastici, in dialogo con intellettuali, musicisti, storici, accademici, specialisti, religiosi e associazioni, e soprattutto con la gente, che sempre più numerosa ha aderito a quanto qui organizzato. Grazie a loro in questo antico complesso, ancora oggi pulsante, aveva iniziato a splendere una luce che rischia di affievolirsi e spegnersi. Non possiamo permettere che ciò accada. Padri, per favore, non lasciateci".

Quale futuro?

Nonostante l'affetto dei modenesi e la speranza che viene riposta nell'istituzione religiosa, la situazione attuale lascia purtroppo pochi spiragli. Le prospettive future sono dense di interrogativi. Il primo riguarda evidentemente la vita parrocchiale, con la Curia modenese che vive a sua volta un periodo di difficoltà economica che lascia poco spazio ad investimenti e spese di gestione. Il rischio è quello di una Abbazia aperta solo per le funzioni religiose e di fatto svuotata della linfa vitale che finora l'ha animata.

Non si tratta però soltanto di funzioni religiose, ma anche del complesso di attività, dai gruppi scout alla Caritas, che caratterizzano fortemente la vita in via San Pietro. Una serie di elementi che, al netto dell'impegno dei parrocchiani e dei volontari, difficilmente riuscirebbero a proseguire con le stesse modalità senza la presenza dei monaci, per quanto oggi in numero esiguo.

Accanto a questo si pone poi il problema del patrimonio, artistico ed immobiliare. Un monastero vuoto rappresenterebbe una enorme perdita anche sotto il profilo della valorizzazione di un bene culturale che negli ultimi anni si è sempre più aperto alla città, come giustamente sottolineato dal Centro Studi. Un bene per altro attiguo ad un altro edificio già in stato di abbandono, l'ex Caserma Garibaldi. Insomma, l'orizzonte appare davvero burrascoso.

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