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Marco Biagi, a vent'anni dall'assassinio arriva la cittadinanza onoraria di Modena

Dopo la deposizione di una corona accanto alla sede della Fondazione a lui intitolata, Consiglio comunale ha votato il conferimento postumo. Interventi di Muzzarelli, Bianchi, Poggi

Marco Biagi è cittadino di Modena. Questa mattina, a vent’anni dall’agguato terroristico in cui venne ucciso, il Consiglio comunale ha conferito, con voto unanime, al professore di Diritto del lavoro dell’Università di Modena la cittadinanza onoraria “post mortem”, consegnando nelle mani della moglie Marina Orlandi Biagi e del figlio Francesco le chiavi della città. La cerimonia si è svolta nel corso di un Consiglio comunale straordinario che si è svolto nell’Auditorium della Fondazione intitolata al professor Biagi e che si è aperto con la deposizione di una corona alla lapide del professore, in largo Marco Biagi.

All’iniziativa, promossa congiuntamente dal sindaco Gian Carlo Muzzarelli, dal presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi, dal rettore di Unimore Carlo Adolfo Porro e dalla Marina Orlandi Biagi, presidente della Fondazione dedicata al marito, sono intervenuti anche il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e il professor Enrico Traversa, docente dell’Università di Bologna (Dipartimento di Scienze politiche e sociali), amico e collaboratore di Biagi sui temi del diritto del lavoro in chiave europea.

Marco Biagi, ha detto il sindaco Muzzarelli presentando la delibera per il conferimento della cittadinanza onoraria, “ha dato un formidabile contributo all’elaborazione di nuove prospettive per lo sviluppo del mercato del lavoro e delle relazioni industriali, per la realizzazione di riforme condivise dalle parti sociali, per la crescita civile del Paese e ha pagato con la vita l’impegno a contribuire con le sue idee e ricerche al cambiamento del mercato del lavoro in Europa. Biagi – ha sottolineato il sindaco – aveva intuito prima di altri che il mondo del lavoro si trovava davanti a un’epoca in cui sarebbe cambiato tutto, come è avvenuto infatti. Con coraggio, sfidando critiche e accuse feroci, ha provato a trovare soluzioni e risposte. Voleva proteggere dalla precarietà non favorirla”. Muzzarelli ha proseguito ricordando che Marco Biagi era “un uomo di dialogo, un docente che amava l’insegnamento e il confronto con gli studenti. Uno studioso che approfondiva i temi della sua disciplina avvertendo che l’equilibrio mirabile disegnato dalla Costituzione richiede che ci si preoccupi di evitare che nascano ferite nella coesione sociale e di intervenire per sanarle qualora si verificassero. I brigatisti lo hanno ucciso nel loro folle disegno di esasperare le contrapposizioni e le tensioni: chi si preoccupava di cucire, legare, far crescere la coesione era considerato, infatti, un ostacolo”.

Nel suo intervento, il ministro Bianchi ha sottolineato come Marco Biagi “sia stato sempre coerente in tutto il suo lavoro: aveva la capacità di cogliere la trasformazione dei sistemi, del lavoro come della società, e di capire, comparando contesti diversi, come si evolvevano gli strumenti per garantire la tutela dei diritti dei lavoratori. Bisognava capire come esplorare il presente e trovare gli strumenti per gestire il futuro. Lui lo ha fatto, volendo difendere la dignità di tutti i tipi di lavoro e come tutti i riformisti si è trovato solo. Ora noi – ha proseguito il ministro – dobbiamo proseguire nell’opera di costruire le condizioni perché i nostri figli possano svolgere con dignità lavori di cui noi ora non sappiamo nemmeno il nome; dobbiamo avere la dignità di essere un paese che ha il coraggio di fare scelte impopolari per raggiungere questo obiettivo”. Il ministro ha sottolineato, quindi, che la scuola “non dovrebbe solo insegnare discipline, ma restituire ai professori la dignità di ‘maestro’, con la capacità di dare le competenze per vivere insieme, fare comunità, accogliere chi parla lingue diverse. Biagi era un maestro, aveva la capacità di esplorare il presente per preparare il futuro. Sta a noi, ora, riprendere quella bici e proseguire la sua strada”.

Aprendo la seduta, il presidente del Consiglio comunale Fabio Poggi ha portato la suggestione dell’opera di Marco Biagi come “un processo di cambiamento strutturale, indispensabile per dare a un sistema sociale ed economico un nuovo equilibrio e una nuova armonia sociale. Quello che oggi proviamo a fare, su un altro piano, con la transizione ecologica”: Poggi ha ricordato anche come queste transizioni non vivano solo di processi, tecniche e tecnologie, ma di visione e di ottimismo ideale e intellettuale come quello che aveva, appunto, Marco Biagi”.

“Le idee di Marco Biagi devono continuare a essere patrimonio collettivo della nostra comunità e a guidarci per capire come costruire una società più giusta ed equa, soprattutto per i giovani”. Con queste parole il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha concluso il suo intervento nel corso della cerimonia. Bonaccini ha sottolineato anche l’importanza del Consiglio comunale straordinario, come “modo per fare comunità, perché Marco Biagi è stato ed è parte di questa comunità. Ed è, quindi, ancora più giusto farlo nella sede della fondazione a lui intitolata, anche per riconoscere il grande lavoro che questa istituzione sta facendo per tenere viva la sua memoria ma soprattutto la sua opera”.

Nel suo saluto introduttivo, il rettore di UniMoRe Carlo Adolfo Porro ha ricordato Marco Biagi “con grande affetto, testimoniando la mia ammirazione per il suo lavoro di studioso e di intellettuale impegnato nella sfera pubblica e istituzionale. I suoi studi hanno sempre privilegiato la dimensione concreta dei fenomeni sociali ed economici, orientandosi alla ricerca di soluzioni praticabili e realistiche ai problemi dell’occupazione, principalmente con riferimento ai soggetti più vulnerabili e svantaggiati. Attento osservatore della realtà delle dinamiche sociali ed economiche – ha proseguito – Biagi si è costantemente impegnato nella ricerca di efficaci soluzioni ai problemi del mercato del lavoro, dedicando una particolare attenzione alle persone svantaggiate (con disabilità o senza occupazione) con l'obiettivo di estendere le tutele a chi ne era sprovvisto e migliorare le condizioni dei soggetti più fragili, come i giovani e le donne. La sua opera ha ispirato l’azione legislativa, favorendo il miglioramento delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici e la trasparenza dei rapporti economici. Come docente universitario ha perseguito l'obiettivo di migliorare le relazioni tra l'Università, le istituzioni pubbliche e private e gli studenti e le studentesse come metodo per raggiungere un'occupazione di qualità. La sua prospettiva, che è anche quella che da anni coltiviamo con grande determinazione nel nostro Ateneo e nella Fondazione a lui intitolata – è quella della condivisione, del dialogo e dell’inclusione. Ricordando il collega Marco Biagi, voglio qui ribadire l’importanza di questi principi per assicurare i quali serve un costante e rigoroso impegno da parte della comunità accademica e istituzionale".

Il professor Enrico Traversa ha voluto ricordare il collega, ma “soprattutto l’amico, conosciuto appena ventenne. Già da giovanissimo assistente universitario – ha detto – Marco non aveva alcun timore di esporsi in prima persona per le cause in cui credeva e che erano oggetto di aspre contese politiche. Aveva una mente vulcanica, capace di affrontare problemi sempre nuovi, alla ricerca di una soluzione innovativa”. Marco Biagi era uno dei massimi esperti di diritto del lavoro europeo: “Diede un grandissimo contributo alla difesa dei diritti dei lavoratori europei, soprattutto per quanto riguarda chi lavorava in un paese diverso dal proprio e per la difesa dei diritti delle donne contro le discriminazioni”. Dal 2017, ha ricordato ancora Traversa, all’Università di Bologna esiste un corso di diritto del lavoro europeo che si svolge in inglese e al quale partecipano studenti da molti paesi diversi, “tutti motivati nella difesa dei diritti dei lavoratori. Quel corso doveva essere di Biagi: onoriamo la sua memoria – ha concluso Traversa – continuando la sua opera di maestro”.

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