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Attualità San Cesario sul Panaro / Via Martiri Artioli

Frantoio e bacino irriguo di Altolà, due opere che "litigano" con la crisi idrica

Preoccupazione per le forze di opposizione circa l'impianto che preleverebbe molta acqua dal Panaro e per il bacino mai entrato in fuzione dopo 10 anni

La crisi idrica sta sollevando molti interrogativi sul futuro, nell'ottica di un territorio che pare doversi preparare a tempi difficili nelle estati a venire. Alcune riflessioni arrivano da una realtà ben precisa, quella della piccola frazione di Altolà di San Cesario, dove sono situati due impianti che molto hanno a che fare con il tema dell'acqua e del suo utilizzo. 

Il primo tema è quello del frantoio situato lungo le rive del fiume Panaro, per il quale è atteso un importante ampliamento. Un'opera che si sarebbe dovuta ingrandire giò la fine del mese di giugno, ma che ha ottenuto una proroga per l'inizio dei lavori al 2025, come previsto dalle leggi nazionali dettate dall'emergenza covid.

Più volte il Comitato Altolà Cave ha manifestato la propria preoccupazione per le ingenti quantità di acqua potabile che verranno prelevate dal frantoio che verrà realizzato con accesso da via Martiri Artioli. "Come se non bastasse, solo pochi metri separerebbero il frantoio dall'acqua di falda contravvenendo ad ogni criterio di prudenza e di tutela di un patrimonio oggi più che mai prezioso: i frantoi di ghiaia sono infatti classificati quali "centri di pericolo" per le falde - attacca oggi il comitato - L'incoerenza è evidente: non è possibile sostenere il risparmio idrico ed autorizzare un frantoio come quello dell'Altolà che, oltre a costituire un centro di pericolo per le falde, preleverà enormi quantità d'acqua. Basti pensare al frantoio di ghiaia di via Modenese oggi attivo a San Cesario, autorizzato a prelevare fino a 20 litri di acqua al secondo".

"Si promulgano leggi importanti per la tutela dell'acqua poi si autorizzano frantoi al prelievo di quantità d'acqua enormi in "zone di ricarica indiretta della falda" come quelle in cui viviamo che riforniscono di acqua potabile, oltre al nostro, comuni quali Castelvetro, Castelnuovo e Modena Il permesso di costruire del frantoio che dovrebbe essere costruito in via Martiri Artioli risale al lontano 2015 e dopo ben 7 anni riteniamo che le esigenze e le necessità del nostro territorio siano cambiate. Chiediamo al Sindaco di intervenire presso la Regione per la revoca dell'autorizzazione a costruire il frantoio proprio per tutelare la nostra acqua che non deve essere né sprecata, né inquinata, tantomeno per scopo industriale", spiegano gli attivisti di San Cesario.

L'altro tema riguarda un'opera questa volta già realizzata, anche se non del tutto finalizzata. Si tratta del grande bacino irriguo situato sempre lungo la Procvinciale 14. Purtroppo un'opera ferma al palo. A denunciarlo Mirco Zanoli, consigliere comunale di Rinascita Locale: "Il bacino irriguo, un progetto milionario costato sangue e sudore alla comunità abbandonato per anni senza un reale motivo, anzi uno c’è, la miopia politica di chi governa di facciata sbandierando progetti senza portarli poi al termine, come nei migliori reality vivono d’apparenza, solo che questa volta ci è costata 5,2 milioni, anzi, visto il fallimento ora ne stanno chiedendo degli altri".

Lo scopo del bacino, ricavato da una delle cave dismesse, sarebbe quello di fornire acqua agli agricoltori per le irrigazioni risparmiando dai prelievi di falda. Un bacino dei più grossi, progettato negli anni ’90, collaudato nel 2009 e che doveva essere utilizzato nelle stagioni di siccità, ma che ad oggi giace inutilizzato e lasciato alla mercé dell’incuria. "Altro che la lungimiranza sempre sbandierata a ogni occasione, siamo di fronte all’epilogo di una storia ventennale che ci ha portato al cosiddetto “Mose” di San Cesario, la questione sarà oggetto di una nostra interrogazione urgente", annuncia Zanoli.

Il caso dovrebbe anche finire sui banchi del Senato, dopo l'interessamento del parlamentare leghista Stefano Corti: “Da più di 10 anni il tema del mancato utilizzo del bacino è stato al centro delle denunce delle associazioni ambientaliste e dei comitati di cittadini della zona. A questo punto vorremmo sapere se il Governo è a conoscenza di situazioni critiche come quella del bacino irriguo di Altolà. E' evidente infatti come in un periodo di grave crisi idrica queste situazioni risultino di particolare gravità".

"Lo scorso 4 luglio il Governo ha deliberato lo stato di emergenza per siccità in Emilia-Romagna, così come in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte, stanziando oltre 35 milioni di euro e prevedendo solo per la Regione Emilia Romagna 10,9 milioni di euro - chiude il senatore Corti - Al di là della Cabina di regia attivata dal presidente Bonaccini e degli annunci dell'assessore regionale Prioli è evidente che occorre partire da una fotografia della realtà e mettere mano da subito alle infrastrutture già presenti e mai implementate".

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