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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Dieci anni oggi, il maggio che ha sconvolto l'Emilia

Esattamente dieci anni fa la prima scossa di terremoto a Finale Emilia. Oggi la ferita si è rimarginata, ma resta la cicatrice

"Una scossa di terremoto ha turbato la notte modenese: danni ingenti a Finale e San Felice sul Panaro con crolli di edifici storici e crepe nei muri portanti delle abitazioni"

Fu questa la prima riga con la quale il 20 maggio di dieci anni fa anche il nostro quotidiano incominciò a dare notizia del dramma che si stava consumando e che si sarebbe poi amplificato nei giorni a venire nella nostra pianura. Informazioni ancora vaghe, incerte, incapaci di descrivere immediatamente il disastro incombente. Ci volle un po' di tempo per comprendere la reale portata della devastazione, generata da quella maledetta scossa domenicale di 5,9 gradi Richter, a una profondità di 6,3 chilometri, alle ore 4.03 del mattino, con epicentro a Finale Emilia. Un risveglio terribile, dopo una notte in cui la terra aveva già dato avvisaglie di instabilità.

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Nove giorni dopo, martedì 29 maggio, la terra tremò ancora: una seconda scossa, di magnitudo 5,8 e profonda 10,2 chilometri, con epicentro in questo caso tra Mirandola, Cavezzo, Medolla, e San Felice sul Panaro. Distruttiva, ma non ultima di quella lunga serie di sismi che attraversò la bassa durante lo sciame. Ogni volta con il cuore in gola.

Alla fine, il bilancio sarà di 28 morti, 300 feriti e 45.000 sfollati. E di interi centri abitati distrutti. Quasi impossibile fornire un quadro di insieme, se non con i numeri analizzati nei mesi e negli anni successivi. La relazione inviata alla Commissione Ue ha stimato danni totali pari a 13 miliardi e 273 milioni di euro, e in Emilia-Romagna si arriva a oltre 12 miliardi e 202 milioni: 676 milioni riguardano i provvedimenti di emergenza, 3,285 miliardi i danni alle case, 5,237 quelli alle aziende, 2,75 quelli ai beni storico-culturali.

La Bassa Modenese colpita dal terremoto

La tragedia e la rinascita

La data del 20 maggio 2012 ha tracciato un solco indelebile nella storia modenese, nelle sue città e nella sua gente. Lo è stato nel dramma di chi ha perso i propri cari, di chi ha dovuto lasciare la propria casa, delle aziende distrutte. Negli ospedali da campo, nelle scuole chiuse, nelle chiese diroccate, nei monumenti crollati e sfigurati. Per migliaia di persone residenti nella Bassa il sisma 2012 è stata una prova immane.

Il terremoto della Bassa, non va mai dimenticato, ha avuto la caratteristica di essere un terremoto "industriale", ovvero di aver colpito un territorio ad alto valore produttivo - il 2% del Pil italiano - con tutto ciò che ne consegue. La perdita del lavoro è stata infatti una problematica ulteriore, con implicazioni non certo banali.

Per fortuna, però, i modenesi non sono stati lasciati soli. La macchina dei soccorsi e dell'assitenza ha dato una prova di straordinaria efficienza, ma soprattutto di enorme umanità. Un fiume di volontari si è riversato nel modenese, accompagnato da un'indata di solidarietà che ha permesso alleviare le difficoltà degli sfollati.

Poi i modenesi hanno fatto quello che sanno fare meglio: essere modenesi. Testa bassa, pochi pianti e tanto, tantissimo lavoro. Nel momento della massima difficoltà, la proverbiale operosità emiliana ha dato il meglio di sè. La Bassa, pur nelle difficoltà, è rinata e ha saputo superare il disastro. La cicatrice resta, certamente, ma la ferita si è rimarginata.

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La ricostruzione

17.500 abitazioni ripristinate e 27mila persone rientrate nelle proprie case. 570 scuole ripristinate o ricostruite ex novo e mai un’ora di lezione persa. 6 mila piccole attività commerciali, artigiane e dei servizi rese di nuovi agibili, 3.500 aziende industriali e agricole ristrutturate e altre 1.550 imprese che hanno potuto mettere in sicurezza i propri stabilimenti o spazi di produzione in nome della prevenzione futura. Ancora: 1.000 interventi nei centri storici per la riqualificazione o nuove aperture di botteghe, uffici, attività artigianali e professionali. 330 chiese riaperte al culto.

Dieci anni dopo la pianura modenese vede la ricostruzione privata e produttiva praticamente chiusa, mentre proseguono i lavori per completare la realizzazione del Piano delle opere pubbliche e dei beni culturali, più complessa anche per i vincoli storici e architettonici esistenti. Ma anche in questi ultimi due anni, segnati purtroppo dalla pandemia, i cantieri, pur rallentati, non si sono mai fermati. Resta infatti l’obiettivo di chiudere anche quest’ultima parte nel più breve tempo possibile, con il caro energia, gli aumenti generalizzati dei prezzi e la difficoltà nel reperire materiali e strumenti per l’edilizia che rendono la sfida ancor più impegnativa.

Pur nella complessità della macchina pubblica, pur nella pesantezza - atavica - della burocrazia, la ricostruzione emiliana ha dato i suoi frutti. A partire dalle case e dalle aziende, che erano gli elementi di massima priorità per ridare sicurezze ai cittadini e garantire una prospettiva al tessuto produttivo locale.

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