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Uccide la moglie inscenandone il suicidio: dopo 13 anni esce dal carcere

La rabbia della famiglia: "Ci offre 50 euro al mese come mediazione. Noi non sappiamo dove sia e chi lo controlli, mentre lui sa tutto di noi. Metti caso che noi avessimo paura? Chi ci garantisce che questo individuo non ci venga a cercare?"

Marco Manzini tredici anni fa ha ucciso la moglie, Giulia Galiotto poi ha cercato di nascondere l'omicidio inscenando un suicidio. Per il delitto era stato condannato a diciannove anni di carcere ma oggi il 48enne è già in semilibertà, affidato in prova ai servizi sociali. Una possibilità di redenzione, ma un gesto ora fa discutere. Attraverso i propri avvocati ha infatti scritto ai genitori della donna offrendo loro cinquanta euro al mese "in ottica di manifestazione della volontà di avvicinamento ad un'ipotesi di mediazione penale", ovvero una sorta di riavvicinamento tra le parti. Un gesto tutt'altro che ben accolto dai genitori di Giulia.

La madre Giovanna Ferrari, che dal giorno dell'omicidio della figlia sta conducendo una personale battaglia sul tema dei femminicidi, ha commentato con parole dure. In una intervista all'Ansa la madre della trentenne uccisa torna proprio alla notte del delitto, l'11 febbraio del 2009. Marco Manzini, allora perito elettronico di Sassuolo, fissò un appuntamento con la moglie nella casa dei genitori di lui, a San Michele dei Mucchietti. Al culmine di una lite, l'ennesima, l'omicidio: Giulia Galiotto venne colpita al capo con una pietra, nel garage della casa. Manzini gettò poi il corpo della giovane nel fiume Secchia, tentativo di inscenare un suicidio e per fare ciò scrisse anche un biglietto d'addio, facendolo passare come opera della moglie per confermare il gesto estremo.

"Dopo aver ammazzato nostra figlia ci ha chiamato prendendoci in giro - denuncia Giovanna Ferrari - Abbiamo assistito alle schifezze che ha detto su di lei in tribunale e non ha mai mostrato pentimento. Oggi - continua - noi non sappiamo dove sia e chi lo controlli, mentre lui sa tutto di noi. Metti caso che noi avessimo paura? Chi ci garantisce che questo individuo non ci venga a cercare?".

Ferrari si era già più volte espressa contro la giustizia che non ha riconosciuto la premeditazione dell'omicidio e che già ha anticipato il fine pena del 48enne al 2025 anziché al 2028 per la buona condotta durante la detenzione. "Noi non accettiamo alcuna mediazione - le parole della madre di Giulia Galiotto - se Manzini mi vuole incontrare lo faccia per dirmi la verità e non le frottole che ha raccontato in tribunale".

"È già stato fortemente aiutato e ora ci arriva questa lettera per metterci al corrente che, essendo lui in questa situazione di fine pena ma in misura alternativa alla detenzione, è tenuto a dimostrarsi ben disposto verso la famiglia della vittima. A noi non interessano i soldi, abbiamo scoperto che lavora a tempo indeterminato in un'azienda, quindi la giustizia continua a prendere in giro chi ha subito".

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