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Mancato controllo durante il lockdown: "Ora abbiamo oltre mezzo milione di nutrie"

L’associazione dei Consorzi di bonifica secondo un’indagine prudenziale “al ribasso”, in considerazione del mancato controllo in periodo Covid: "Costi esorbitanti e altri rischi"

Che i danni causati dalle nutrie in Emilia-Romagna potessero essere ingenti era un sospetto fondato già da alcuni anni, ma che addirittura l’incremento incontrollato di questa specie infestante, non autoctona, potesse costare milioni di euro ai cittadini, oltre ad incrementare ogni anno di più il rischio idraulico alle comunità e i danni economici al settore agricolo, era un'evenienza non calcolata. Un'altra conseguenza del lockdown.

Il monitoraggio capillare dei danni causati dal roditore alla rete di bonifica, sui 20 mila km di canalizzazioni nei vasti comprensori (in parte anche extra regionali) di questi enti che mitigano il rischio idraulico al territorio, è stato fatto da ANBI Emilia-Romagna, l’associazione che li rappresenta.

"Il bilancio certificato nell’ultimo anno delle spese dirette sostenute dai Consorzi di bonifica per arginare le conseguenze nefaste dell’opera della nutria, per esempio, raggiunge e supera i 3 milioni di euro (3,2 milioni), costi che ricadono sui cittadini di queste aree, ma che potenzialmente rappresentano solo la punta dell’iceberg del costo complessivo stimato al sistema idraulico nell’eventualità di malfunzionamenti, rotture o interruzioni di servizio, per altro già capitate con frequenza nell’ultimo lustro; in quel caso infatti l’ammontare delle ripercussioni territoriali negative indirette raggiungerebbe un totale complessivo di addirittura i 55-70 milioni di euro", spiega ANBI.

"Sarebbe dunque auspicabile un’azione energica e coordinata per attivare al più presto un contenimento di questa specie su ampia scala: sia per aumentare la sicurezza delle comunità toccate da questo fenomeno diminuendo, al contempo, i danni reali alla rete di bonifica e gravando meno sui cittadini, sia per impedire che l’animale possa danneggiare le colture tipiche irrigue tutelate alla base e fiore all’occhiello del nostro Made in Italy", aggiunge l’ANBI Emilia-Romagna, che – con la collaborazione dei consorzi associati – ha stimato "al ribasso" un numero di esemplari del roditore, nei diversi comprensori emiliano romagnoli, che avrebbe raggiunto e superato il mezzo milioni di esemplari.

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