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Covid, nella seconda ondata al Policlinico hanno partorito 33 mamme positive al virus

Nella seconda ondata il 15% dei parti al Policlinico è stato da mamme positive. Il latte materno fonte di protezione, uno studio modenese sulla rivista Pediatrics dell’Accademia americana di Pediatria

Sono 33 i parti da mamme covid- positive avvenuti al Policlinico di Modena, centro HUB per il percorso, dall’inizio della seconda ondata, il 15% dei parti effettuati a Modena a novembre. Fondamentale anche il ruolo dei centri spoke di Carpi, Mirandola e Sassuolo, dove sono stati istituiti percorsi ad hoc a vantaggio delle donne Covid positive in fase di gravidanza o nel puerperio, che garantiscono l’assistenza in caso di mancata ricettività dell’hub o per parti imminenti. Senza dimenticare il prezioso lavoro svolto dalla rete dei consultori, di concerto con le unità operative, nel seguire le donne Covid positive in gravidanza con interventi a domicilio con i Medici di famiglia e le USCA.

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“In accordo col territorio – ha spiegato il prof. Fabio Facchinetti, Direttore dell’Ostetricia e Ginecologia del Policlinico – come avviene per tutte le gravidanze difficili abbiamo centralizzato su Modena anche quelle di mamme positive. Rispetto alla prima ondata abbiamo avuto un significativo aumento dei parti da madri positive al COVID: allora c’erano stati solo 3 parti e abbiamo ospitato 3 puerpere che avevano partorito in un altro ospedale ed erano state centralizzate. A novembre abbiamo invece assistito 33 parti di mamme positive su 220. Il 15% dei nostri parti è stato quindi da mamme positive. A queste si aggiungono 5 mamme che erano positive durante la gravidanza e poi si sono negativizzate. Sin da marzo abbiamo attivato una degenza dedicata al Covid19, un ambulatorio, una sala parto, e una sala operatoria dedicati. Rispetto alla prima ondata siamo riusciti ad assicurare e il rooming-in per consentire il contatto mamma-bambino. Questo risultato è stato ottenuto grazie alla professionalità di tutto il personale, medici e ostetriche. Ci riempie di orgoglio il fatto di non aver avuto sin ora nessun contagio tra il personale a fronte di questi numeri importanti. Benché iniziali dati cinesi fossero poco chiari, siamo riusciti a mantenere il parto nella sua fisiologia e il numero di cesarei non diverso dagli altri anni, anche nel resto della Regione e questo lo abbiamo pubblicato su una rivista americana per dimostrare che il percorso nascita ha funzionato anche in epoca COVID. Come è noto solo la parto-analgesia al momento è sospesa perché gli anestesisti sono ancora molto impegnati nella gestione delle Terapie Intensive.”

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Quando una mamma COVID positiva sta per partorire – ha aggiunto il prof. Alberto Berardi, Direttore della Neonatologia – veniamo avvisati in modo da poter entrare in sala parto con le dovute precauzioni. Il neonato pretermine o che necessiti di supporti ventilatori rimane 48 ore in una stanza isolata della Neonatologia in attesa dell’esito del tampone. Se negativo viene messo con gli altri neonati, altrimenti rimane in isolamento sino alla negativizzazione. Quando è in buone condizioni, se la madre è asintomatica e quindi è grado di assisterlo, lo trasferiamo in reparto con la madre”. Uno degli aspetti più importanti nei primi giorni di vita del neonato, soprattutto se prematuro, è il rapporto con la mamma, “Nelle prime fasi dell’epidemia, le indicazioni che venivano dai colleghi cinesi erano quelle di tenere separati mamma e bambino per evitare contagio del piccolo. La Società Italiana di neonatologia è stata tra le prime ad applicare un protocollo diverso, che salvaguarda la diade mamma-bambino e, soprattutto, l’allattamento al seno – ha aggiunto Berardi – perché la letteratura dimostra come il latte materno sia un vero medicinale per il bambino, capace di proteggerlo da diverse infezioni; Il latte materno è una fonte di trasmissione davvero rara (anzi tuttora si discute il suo potenziale ruolo) e in generale i sintomi dei neonati che pur possono contrarre il virus, essendo accuditi dalle loro madri sono, nella stragrande maggioranza dei casi, lievi. L’impostazione italiana, condivisa da altri paesi europei, è stata successivamente fatta propria anche dai colleghi americani”.

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