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Privacy ai tempi del coronavirus: l'indagine di Ircaf tra geolocalizzazioni e videochat

Geolocalizzazione, videochiamate e smartworking: la tecnologia fa da padrona in un mondo immobilizzato, e la questione della privacy diventa fondamentale. Ircaf indaga e mette in guardia gli utenti

La lente di ingrandimento dell'Istituto Ricerche Consumo Ambiente e Formazione (I.R.C.A.F.), che dal 2019 ha sede a Modena, esamina la questione della privacy "ai tempi del coronavirus", sia per quanto riguarda l'ambito pubblico che, in particolare, per quanto concerne il privato.

Ircaf apre la sua indagine affermando che "in questi giorni si sta assistendo ad una limitazione dei diritti e delle libertà", e in riferimento all'influenza di ciò nella società sottolinea come infatti "non si escludano sistemi di geolocalizzazione per le persone positive [...] e soluzioni di tracciatura degli spostamenti per circoscrivere nuovi focolai". 

L'associazione osserva come questa maggior condivisione di dati, se effettuata per un tempo limitato, potrebbe essere d'aiuto per il contenimento dell'emergenza. Il peggior 'nemico della privacy' è infatti un altro, quello che si insinua nei rapporti tra privati, ed è proprio da questo che Irpef vuole mettere in guardia. 

L'Istituto lancia un monito: "Leggete i documenti: Innanzitutto, quando si decide di scaricare un’applicazione, ad esempio di videochat, è necessario leggere con attenzione le condizioni generali di contratto e le informazioni sulle modalità di trattamento dei dati", e consiglia di stampare i documenti poichè "le società possono modificarli e non sempre si riescono a recuperare quelli originari". In questo contesto, porta il recente esempio dell'applicazione di videochat Zoom: " Sulla pagina di descrizione delle caratteristiche di questa applicazione e nel documento relativo agli aspetti di sicurezza veniva affermata una protezione con crittografia end-to-end (la stessa, per esempio, usata da WhatsApp). Nel momento in cui è stato scoperto che la protezione era attraverso un protocollo crittografico diverso e di minore efficacia, la società ha provveduto a modificare i documenti informativi". 

Ircaf consiglia poi agli utenti di esercitare i propri diritti, chiedendo il risarcimento dei danni e segnalando le violazioni al trattamento dei dati personali. Sempre portando l'esempio di Zoom, l'associazione infatti afferma che "è emerso come la società Zoom abbia provveduto a raccogliere dati personali, degli utenti che installavano o aprivano l’applicazione e a condividerli, a loro insaputa, sia con Facebook che con LinkedIn. Non si tratta di un aspetto di poco conto: i social network lucrano proprio attraverso la profilazione".

"Posto che i dati personali nei rapporti tra privati hanno valore e l’interesse ad acquisirli è di molti, ognuno deve essere il garante a protezione dei propri dati" conclude Ircaf, sottolineando come comunque la responsabilità maggiore della protezione dei propri dati gravi sull'utente stesso. 

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