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Fra 12 giorni scadono i permessi di soggiorno dei profughi ucraini, "Ancora senza risposte"

La denuncia arriva dall'Associazione Chernobyl di Maranello, Fiorano, Formigine, che gestisce diverse famiglie fin dalle prime fasi dell'emergenza. l'Italia non ha ancora prorogato lo stato di emergenza e la burocrazia frena il processo di integrazione

A tutti i profughi in arrivo dall'Ucraina a partire dallo scoppio della guerra è stato rilasciato un permesso di soggiorno per protezione temporanea che ha consentito loro di regolarizzare la propria posizione, avere un codice fiscale, avere un domicilio e, soprattutto, avere un lavoro regolare nel caso siano riusciti a trovarlo. Tutti questi permessi, sia per chi è arrivato subito, sia per chi è arrivato qualche tempo dopo, hanno scadenza il 4 marzo 2023, cioè tra pochissimi giorni scadono tutti. 

"A 12 giorni dalla data di scadenza ancora nessuno ha saputo darci indicazioni se e come verranno rinnovati questi permessi e molte di queste ragazze e mamme stanno perdendo il posto di lavoro perché avevano tutti contratti a tempo determinato che, ovviamente, scadevano a ridosso della scadenza del permesso di soggiorno; i datori di lavoro, altrettanto ovviamente, non possono rinnovargli i contratti se non hanno la sicurezza della proroga dei permessi di soggiorno. Questa è l’assurda situazione in cui ci troviamo, più volte interessata la Questura di Modena non ha saputo dirci nulla se non che aspettano indicazioni da Roma che ad oggi non sono ancora arrivate", ha spiegato l'Associazione Chernobyl di Maranello Fiorano Formigine OdV, che segue da ormai quasi un anno diversi nuclei famigliari.

All'origine del problema il fatto che lo Stato Italiano non ha ancora messo mano al provvedimento per lo stato di emergenza, che scade appunto a inizio marzo. Un intervento che probabilmente arriverà nei prossimi giorni, dopo che L'Unione europea ha già prorogato di un anno questo termine, fino al 3 marzo 2024.

"Ci chiediamo se questo è il modo di aiutare gente che è scappata dalla guerra, che in Ucraina magari non ha più una casa, un lavoro, un luogo dove tornare in sicurezza per se e per i propri figli - si domanda polmicamente Paolo Fontana, Presidente dell'associazione - Da un anno stiamo aiutando queste persone in tutti i modi possibili, sostenendoli nei percorsi di integrazione, nell’inserimento scolastico dei bambini, a trovare un luogo dove abitare, a trovare un lavoro, ad avere assistenza sanitaria, sempre combattendo contro la terribile burocrazia italiana e adesso ci troviamo di nuovo davanti ad un muro di gomma che non dà le risposte che chiediamo. Ci chiediamo se la politica tutta e l’Europa, sempre pronti a discutere ogni momento di invio di armi, non riescano a trovare un minuto per trovare una soluzione ai permessi di soggiorno, se davvero le persone non contino nulla ma solo le grandi strategie politico militari".

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