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Scuola e Covid-19: uno studente per classe ha abbandonato gli studi. Cause e pensieri degli adolescenti

A pochi giorni dall’auspicata riapertura delle scuole, Save the Children dà voce agli adolescenti, “gli studenti inascoltati nella crisi”, presentando i risultati della nuova indagine condotta da IPSOS per l’Organizzazione, che analizza opinioni, stati d’animo e aspettative di studenti tra i 14 e i 18 anni

Alla incerta vigilia della ripresa delle scuole, gli adolescenti che vivono e studiano nel nostro Paese tracciano un bilancio dei mesi di didattica a distanza che ha coinvolto oltre due milioni e mezzo di ragazze e ragazzi delle scuole superiori di secondo grado. Un quadro critico quello che emerge dagli studenti che fa suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica. 

Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni.

VIDEO | Scuola e Covid: i pensieri degli studenti sulla DAD

Cause principali dell’abbandono scolastico

Tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi è probabilmente la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo.

Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).

Stati d’animo degli adolescenti

I ragazzi si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza: il 65% è convinto di star pagando in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia, il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio, mentre il 42%  ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Un “anno sprecato” per quasi un adolescente su due (46%), che, in ogni caso, nella costrizione di vivere in un mondo di incontri solo virtuali, ha fatto riscoprire a molti il valore della relazione “dal vivo” con i coetanei: anche se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche on line.

Per contro, l’85% dei ragazzi intervistati afferma invece di aver capito quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi “in presenza”. In un’età di cambiamento come quella dell’adolescenza, il tema delle relazioni personali è fondamentale e tra le “privazioni” che i ragazzi hanno sofferto di più, anche quella di non aver potuto vivere esperienze sentimentali importanti per la loro età (63%).

Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine. E guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).

“Questo anno ha fortemente condizionato la vita di milioni di bambini e adolescenti e in particolare questi ultimi che hanno subito un allontanamento più lungo dalle aule scolastiche. Si sono ritrovati soli, in una condizione nuova e restrittiva a gestire scuola e relazioni a distanza. I numeri ci confermano la preoccupazione profonda per il rischio di un’impennata nella dispersione scolastica: gli studenti hanno subito conseguenze significative dalla DAD che non sempre è stata efficace e che si sta lasciando alle spalle danni forse irreparabili”, afferma Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children. “È fondamentale agire subito con dei “ristori” anche per questi ragazzi, perché stanno perdendo non solo competenze ma soprattutto motivazione, allontanandosi velocemente dalla scuola e, con essa, dalle loro opportunità per costruirsi un futuro. Guardano alla politica con speranza e curiosità ed è ora che la politica sia all’altezza delle loro aspettative, utilizzando un fondo – Next Generation UE – che proprio alle nuove generazioni dovrebbe essere dedicato, per dare nuova linfa e impulso a combattere un orizzonte con poche prospettive, soprattutto per coloro che vivono in condizioni di difficoltà”.

Carenza di materiale idoneo alla DAD

Sin da subito è stato lanciato un allarme in merito alla crescita esponenziale della povertà materiale ed educativa che ha colpito i bambini, le bambine e gli adolescenti che vivono nei contesti più svantaggiati, dove l’organizzazione opera con programmi di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica.

L’Istat evidenzia che 1 bambino o ragazzo su 8 (il 12,3%) tra i 6 e i 17 anni, circa 850 mila giovanissimi, non ha a disposizione né pc né tablet, strumenti fondamentali per restare al passo della didattica a distanza.

Una quota molto alta di studenti 6-17enni, quasi la metà ha difficoltà con la didattica a distanza, a causa della carenza di strumenti informatici in famiglia, o perché questi risultano del tutto assenti o perché devono comunque condividerli con altri fratelli e/o sorelle, o comunque perché inferiori a quanto sarebbe necessario. Una quota del 39,7% degli studenti 6-17enni, infatti, vive in famiglie in cui sono presenti altri studenti che dovrebbero utilizzare le dotazioni tecnologiche in contemporanea per seguire le lezioni, ma non ne hanno a disposizione un numero sufficiente per tutti. A loro si aggiunge un’ulteriore quota del 5,7% che vive in famiglie in cui non sono presenti altri studenti, ma che non hanno alcuno strumento tecnologico a disposizione. 

Casi Covid-19 a scuola, tra preoccupazione e colpevolizzazione

Approfondendo ulteriormente i dati della ricerca IPSOS, per quanto riguarda la presenza di casi di Coronavirus a scuola, più di 7 ragazzi su 10 riportano di casi positivi fra gli studenti e/o i docenti: in 4 casi su 10 si tratta di compagni di classe (41%), in 1 caso su 4 (26%) dei propri docenti. Nonostante la presenza di casi Covid a scuola fra studenti e/o docenti abbia generato preoccupazione nel 74% degli intervistati, i ragazzi positivi sono stati supportati dai compagni di classe nella stragrande maggioranza dei casi (82%); in qualche caso (14%), tuttavia, gli intervistati segnalano che i ragazzi contagiati si sono ripiegati su se stessi e in alcuni casi, anche se limitati (8%), purtroppo sono stati colpevolizzati dai compagni di classe.

Didattica a distanza VS Didattica in presenza: cosa ne pensano i ragazzi

4 ragazzi su 10 (38%) bocciano l’esperienza con la DAD. In generale la principale difficoltà sperimentata nella fruizione della didattica a distanza è rappresentata dalla fatica a concentrarsi per seguire le lezioni online (citata da quasi un ragazzo su 2, 45%) e dai problemi tecnici dovuti alla connessione internet/copertura di rete propria o dei docenti (41 e 40% rispettivamente); seguono i problemi tecnici dovuti alla scarsa digitalizzazione dei docenti e la noia (33% ciascuno). Guardando alle dotazioni dei ragazzi, quasi 2 adolescenti su 10 (18%) dichiarano di aver a disposizione un dispositivo condiviso con altri e quasi uno su 10 (8%) si trova a frequentare le lezioni in una stanza con altre persone.

Più di 7 ragazzi su 10 (72%) ritengono che con la DAD sia più difficile imparare cose nuove e socializzare con i compagni. Quota di poco inferiore (68%) considera più difficile concentrarsi durante le lezioni e 1 su 2 (51%) ritiene infine che sia più difficile rispettare il programma scolastico. Non vi è accordo per quel che riguarda il confronto distanza/presenza sulla difficoltà di sostenere una interrogazione orale (il campione risulta più o meno equamente distribuito fra coloro che ritengono che con la DAD sia più facile/più difficile/uguale rispetto alla didattica in aula).

Quanto al modo di fare lezione, il giudizio dei ragazzi è particolarmente interessante. Oltre un terzo degli studenti, il 37%, afferma che la totalità dei propri insegnanti ha continuato a fare lezione allo stesso identico modo di prima, “come se fossimo in aula” invece che dietro ad uno schermo; il 44% sostiene che la maggior parte dei docenti si è comportata così, ma qualche insegnante ha introdotto delle novità; il 19% degli studenti afferma, invece, che la maggior parte dei suoi docenti ha sperimentato nuove modalità di insegnamento. Tra le novità introdotte, i ragazzi segnalano, nell’ordine, l’arricchimento delle lezioni con video e filmati (65%); l’utilizzo della modalità “asincrona”, lezioni digitali caricate dai docenti sulla piattaforma e poi liberamente fruibili dagli studenti (49%); l’impiego di esercizi interattivi, giochi didattici e test (40%); l’utilizzo di App (27%), e via così, fino ad arrivare ad uno sparuto 3% che ha visto i propri docenti cimentarsi anche nell’utilizzo di “giochi di ruolo”.

Ripercussioni sulla socialità: un anno sprecato

Anche la sfera della socialità risulta impattata negativamente dalla lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha subito ripercussioni negative, così come il proprio umore/stato d’animo (57%) e una quota di non molto inferiore (52%), sostiene che le proprie amicizie siano state messe alla prova.

Per il 18% anche le relazioni con i propri familiari sono peggiorate, anche se una percentuale quasi corrispondente (19%) registra invece un miglioramento delle relazioni familiari durante questo periodo di convivenza forzata (più tra il 16-18enni, 21% rispetto al 15% dei 14-16enni).

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